La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

mercoledì 15 gennaio 2014

Minturnae. Area archeologica ed Antiquarium




Minturnae è in Italia, nella regione Lazio, provincia di Latina, al confine con la regione Campania, nel territorio comunale di Minturno.
I reperti più significativi provenienti dalla città e dal territorio sono esposti dal 1984 nell’Antiquarium, allestito negli ambulacri del teatro romano.




Nell’ambulacro destro, la “galleria delle statue”, sono esposti i materiali scultorei più significativi sia per la storia di Minturnae che dei monumenti nell’ambito dei quali i reperti sono stati rinvenuti (le statue di Augusto e Livia dal tempio di Augusto, le statue di satiri dai ninfei sull’Appia, le statue di Muse dal teatro), sia per la storia dell’arte (copie di età romana da originali greci, come l’Athena tipo Giustiniani, la Tyche dall’originale di Cephisodos il Vecchio, la statuetta dell’Afrodite Pontia e quella dell’Artemide tipo Palatino dal santuario alla foce del Liri, l’Artemide tipo Versailles dal teatro, ed originali ellenistici, come la gamba colossale forse pertinente ad una statua di atleta o di eroe, opera originale in marmo degli artisti greci Callimacos e Gorgias).






L’ambulacro sinistro ospita il lapidarium con la raccolta dei 29 cippi di età repubblicana, l’iscrizione con la menzione della colonia adriana, la base con l’iscrizione della stadera, il cippo funerario dell’architectus navalis, oltre alla raccolta di decorazioni architettoniche marmoree pertinenti soprattutto alle varie fasi del teatro, e ad una serie di togati.

da ROMULA 6, 2007, 7 - 28
MINTURNAE PORTO DEL MEDITERRANEO
di Giovanna Rita Bellini


Il cippo funerario dell'Architectus navalis


 Vivit / 

Q. Caelius Sp.f. vivi(t) / 

architectus navalis./ 
Vivit /
 uxor Camidia M.L./ 
Aphrodisia./ 
Hospes, resiste et nisi m
/olestust, perlege, noli / 
stomachare. Suadeo, / 
caldum bibas. 
Moriu/ndust. 
Vale
Il Macellum era l'emporio alimentare della città dove affluivano merci locali e d'importazione, attraverso il vicino porto. La sua presenza a Minturnae è desunta da una iscrizione, databile al II secolo d.C. che riferisce della donazione di una stadera e dei relativi pesi alla colonia, da parte di un certo Ermete.

martedì 14 gennaio 2014

Sul fiume Garigliano: il Real Ponte Ferdinando



Il Ponte visto dalla sponda della provincia di Caserta


Il ponte borbonico "Real Ferdinando" sul Garigliano (1832), è un ponte sospeso situato nei pressi dell'area archeologica di Minturnae (Minturno), sul confine fluviale che dal 1927 divideva la provincia di Napoli dalla provincia di Roma e, a partire dal 1934, dalla nuova Provincia di Littoria; dal 1945 divide la Provincia di Caserta da quella di Latina.

Fu il primo ponte sospeso realizzato in Italia, a catenaria di ferro, e secondo ponte in Europa (ma primo ponte sospeso nell'Europa continentale), dato che il primato assoluto europeo spetta alla Gran Bretagna (1824). Fu esempio di architettura industriale del Regno delle Due Sicilie che dal punto di vista tecnico costruttivo era per quei tempi all'avanguardia in Europa.

Su incarico di Francesco I di Borbone, padre di Ferdinando II, la progettazione fu affidata all'ingegner Luigi Giura, che ne diresse anche l'esecuzione. Sostituì la fragile scafa risolvendo, almeno per un secolo, l'attraversamento del fiume.


Scafa sul fiume
(foto dal web)


I lavori furono iniziati nel 1828 e terminati il 30 aprile 1832: l'inaugurazione alla presenza del re avvenne dieci giorni dopo, il 10 maggio 1832: il sovrano si pose al centro della campata e ordinò che sul ponte passassero due squadroni di lancieri al trotto e ben sedici traini d'artiglieria.

I componenti costruttivi metallici erano stati prodotti nelle ferriere calabresi di Mongiana, di proprietà del generale Carlo Filangieri, principe di Satriano e duca di Cardinale. La spesa fu di 75 000 ducati, a carico del regno.

Il 14 ottobre 1943 la campata fu minata in due punti e fatta saltare in aria dall'esercito tedesco, attestato lungo la linea Gustav e in ritirata verso Roma dopo l'armistizio. Tuttavia i piloni e le relative basi non subirono danni irreparabili.

Il ponte è stato restaurato con un progetto di archeologia industriale finanziato dalla Comunità Europea per il fattivo interessamento dell'europarlamentare Franco Compasso.

Dopo il restauro terminato nel 1998, il ponte è aperto alle visite del pubblico in concomitanza con gli orari del vicino comprensorio archeologico di Minturnae.

da Wikipedia



Vista del Ponte dalla sponda del fiume in provincia di Latina.
Sono visibili in successione anche il ponte ad una campata
costruito dopo la II guerra mondiale ed il ponte strallato sulla variante Anas.

Vista del Ponte 


Una delle sfingi che adornano il ponte

giovedì 26 dicembre 2013

"Sessa Aurunca. Storia della toponomastica", di Giuseppe Parolino



Il volume raccoglie gli studi di Giuseppe Parolino, pubblicati su "Il Mensile Suessano", dal mese di Maggio 1997 e fino al Dicembre dell'anno 2000, in sedici capitoli, di cui gli ultimi tre pubblicati postumi, con il titolo "La Toponomastica di Sessa Aurunca, ossia brani di storia e cronaca locale".
Trattasi di un lavoro di particolare originalità e interesse, in cui l'Autore ha profuso, con un impegno straordinario, la sua ampia cultura della storia locale e il suo profondo amore per Sessa Aurunca.
Scorrendo i vari paragrafi di questo grande affresco, semplificati con gli scarni titoli delle denominazioni stradali del reticolo urbano della Città, si scoprono dimensioni storiche, artistiche, archeologiche,         religiose, amministrative, sociali, tradizionali   e umane,  articolate e imprevedibili, che esaltano, come un crescendo sinfonico, la preziosa tessitura della Città di Sessa Aurunca.

La necessità di poter indicare un determinato luogo con una particolare denominazione, che lo rendesse facilmente ed immediatamente identificabile, ha provocato, nel corso dei secoli, una notevole produzione di toponimi, ancora oggi riprodotti nelle mappe catastali dei fondi rustici e ricordati anche, seppure in numero assai più ridotto, nella toponomastica delle città.
Con riferimento a quest'ultimi in particolare, generalmente essi trovavano ragione nella topografia del luogo o nella sua destinazione d'uso, come ad esempio il mercato o le arti e i mestieri che vi si praticavano, ma anche, com'è per la maggior parte dei casi, nel nome delle famiglie che vi abitavano, negli edifici civili o sacri e religiosi quali il duomo, le chiese ed i conventi, in manufatti come porte, archi e ponti ed anche, in mancanza d'altro, nella presenza di alberi. La sopravvivenza dei toponimi era, come lo è ancora oggi, indissolubilmente legata alla tradizione orale, che provvedeva a trasmetterli nello spazio e nel tempo, ed era altresì condizionata dalle trasformazioni che il loro motivo ispiratore poteva subire per fenomeni naturali o per mano dell'uomo. Infatti, in questi casi, o il toponimo veniva sostituito con un nuovo appellativo che meglio si adattava alla nuova realtà, oppure, pur non trovando più alcun conforto in un riscontro concreto, poteva anche continuare a sopravvivere nella tradizione orale, ma era perciò fatalmente destinato a subire delle corruzioni che, alterandone il significato originario, potevano modificarlo fino al punto da fargli perdere qualsiasi senso e significato logico. 
Li Canzani, Putatore, lo Cieuzo, strada Cetrangolo, Via Ospecina, la Maddalena, l'Ariella, il Macello, Cecasoce, il Semicerchio, le Case Popolari, la Via Nova, il Mercato dei generi, il Mercato Grande, il Mercato, il Mercato dei neri, il Mercato delle ghiande, il Mercatiello, la Piazza, il Cappellone, la Marina, le Croalle, l'Antichità, l'Orologio, la Guardia, le Mura, la Vigna del Vescovo, Gliardiniello, le Cauzelle, la Mandra, Gliumacare, la Portella, San Domenico Vecchio, San Giovanni a Borgo, San Giovanni Grande, largo San Giovanni, l' Ossamorte ecc., sono, per limitarci al nostro ambito cittadino, alcuni esempi concreti di quanto si è appena detto.

Sessa Aurunca, la Portella
Di questo toponimo si ha notizia da un atto notarile rogato il 25 maggio 1592
da Alfonso Picano, relativo all'affitto di un fondo sito "alla Portella seu alle cesine".

Innamorato della propria Terra, Giuseppe Parolino ha inteso ripercorre la storia, recente e meno recente, attraverso una frequentissima, sapiente consultazione di archivi, registri anagrafici, registri parrocchiali, documenti notarili.