La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

martedì 27 dicembre 2016

VI edizione del Presepe vivente a "I Sassi di Tuoro" - Sessa Aurunca


Nello scenario naturale di uno dei più suggestivi borghi del territorio sessano, "I Sassi di Tuoro" si potrà rivivere, nell'occasione della VI edizione del Presepe vivente, la magica atmosfera della Natività.
Uno scenario naturale che renderà ancora più suggestiva la rappresentazione della Natività e che darà vita ad un borgo che pochi conoscono, interamente scavato nel tufo delle colline del Roccamonfina. 
Gli abitanti del borgo vestiranno i panni di contadini, fabbri, ciabattini, pastori, massaie, tutti in abiti rigorosamente dell'epoca e faranno rivivere le strade del piccolo borgo e gli anfratti scavati nel tufo della collina con una esplosione di magiche suggestioni. Rivivranno così il vecchio frantoio, l'osteria, la grotta della Nascita di Gesù.


"ll fascino del Presepe per niente scalfito dal passare dei secoli e dall'avvento della fredda tecnologia, rivive per la sesta edizione de "I sassi di Tuoro", suggestiva cornice naturale della frazione Tuoro - tipica architettura rurale dei borghi pedemontani - nel territorio del Comune di Sessa Aurunca. E' l'occasione per ricreare le atmosfere più autentiche e per valorizzare il significato del Natale, con la rappresentazione degli antichi mestieri lungo il caratteristico percorso dei vicoli della contrada Sassi: un vero e proprio presepe naturale con le sue volte secolari, i passaggi angusti, le stradine ripide ed i locali scavati nella pietra. Circa novanta figuranti per la rappresentazione dell'antica Betlemme che ripetono scene di vita quotidiane: le massaie che impastano il pane, il falegname, il fabbro, il fruttivendolo, l'osteria, la molitura delle olive nel vecchio frantoio, il panettiere, il ciabattino, il legumaio, il pescivendolo, questi alcuni dei mestieri impersonati dagli abitanti del luogo, con vestiti dell'epoca, oltre alla grotta naturale con tanto di bue, asinello, caprette e mangiatoia, con il magico suono delle antiche zampogne."

Tutto questo nei giorni 28 e 29 dicembre 2016 dalle ore 17,30.

Per la particolarità del luogo, è necessario lasciare le auto a Sessa Aurunca(zona Ospedale) dove funzionerà il servizio navetta messo a disposizione dei visitatori.









lunedì 12 dicembre 2016

Carinola. Il palazzo Petrucci



Il palazzo, ubicato tra la piazza O. Mazza e quella della Cattedrale, è stato realizzato durante il XV secolo su preesistenze risalenti ai secoli precedenti ed è un eccezionale esempio di struttura nobiliare con notevoli influssi catalani. Il palazzo è appartenuto a Francesco de Petruciis, conte di Carinola dal 1464 e figlio di Antonello, segretario di Ferrante di Aragona, tra i principali artefici della "congiura dei baroni", ordita ai danni di Ferrante e conclusasi con la morte atroce dell'intera famiglia (1486-1487). In seguito, il Palazzo è divenuto proprietà dei Carafa di Stigliano e, dal 1692, dei Duchi Grillo di Clarafuentes.
La particolarità della struttura è data dalla composizione asimmetrica delle facciate, prive di un progetto unitario (essendo il palazzo frutto di varie stratificazioni) e dall'estrema originalità dello stile catalano. 







L'ingresso è scandito da un bel portale in stile durazzesco, posto in posizione non centrale, che immette in un androne e di lì, attraverso un imponente arco ribassato, alla corte interna. Il piano superiore è articolato in sette splendide finestre disposte su tre lati, tutte diverse tra loro ed ognuna interessante per la propria eleganza decorativa. La diversità morfologica di tali opere potrebbe segnalare l'intervento di maestranze diverse. Si va, infatti, da uno schema a croce guelfa a decorazioni più complesse, ottenute con cerchi non concentrici e allineati, con appesi pendagli in pietra alla maniera del grande maestro catalano Forcimanya, oppure a volute traforate o a due archetti che si incontrano nel centro, sovrastati da una cornice a bilanciere. 
A seguito di recenti restauri è stata riportata alla luce una bella loggia, posta all'angolo tra piazza Vescovado e via Roma, che si apre sulle facciate tramite due arcate per lato, poggianti su colonne polilobate con capitelli floreali. 





L'interno del palazzo è caratterizzato dalla classica corte intorno alla quale ruotano i numerosi ambienti che costituiscono la struttura. Si ritrovano ambienti di servizio, deposito e stalle al piano terra, abitativi e di rappresentanza al piano superiore. Particolare è la loggia a due livelli, che si snoda su due lati della corte; il livello inferiore è coperto a volta, mentre quello superiore presenta un soffitto ligneo affrescato cosi come era, un tempo, anche la sala di rappresentanza accessibile dalla loggia, che occupa buona parte del prospetto principale e si collega anche con la loggia d'angolo. Annesso al palazzo è anche un giardino che affaccia sulle mura della città, al quale si accede tramite una seconda corte interna.


Il testo è di Corrado Valente ed è tratto da:
Carinola. Guida ai luoghi e ai monumenti del territorio, Pro Loco di Carinola.


Per approfondimenti su Francesco Petrucci e la congiura dei baroni si veda il post

http://lebellezzedelmassico.blogspot.it/2012/05/francesco-petrucci-conte-di-carinola-e.html

sabato 5 novembre 2016

Il complesso dell'ex Convento dei Domenicani a Sessa Aurunca



La fabbrica dell’EX CONVENTO DI S. DOMENICO sorse nel 1425, su un’area concessa ai frati predicatori da G. A. Marzano, quando, per rendere sicura la sua dimora, demolì il loro antico convento che era presso il Castello. Originariamente nello stesso luogo sorgeva la piccola chiesa di santa Maria degli Orti di cui residua attualmente solo il campanile. 
Il complesso, di recente restaurato, ha un chiostro in stile tardo-gotico alle cui pareti affiorano brani di affreschi che rappresentano storie della vita di S. Domenico e di altri personaggi ecclesiastici. 

Dopo il restauro il convento ospita la sede del Parco Regionale di Foce Garigliano-Roccamonfina ed è destinato ad ospitare per la restante parte un polo culturale. 






Collegato con il chiostro vi è la cappella intitolata al Santissimo Rosario, sede dell’omonima confraternita, fondata nel 1573 probabilmente su iniziativa di un domenicano. Aveva tra le proprie finalità l’assistenza ai condannati a morte ed ai giorni nostri partecipa attivamente alle funzioni liturgiche della Settimana Santa.


Ingresso della Congregazione del SS. Rosario

Il campanile della preesistente chiesa di santa Maria degli Orti

sabato 1 ottobre 2016

I fasti del Rinascimento e la 38^ edizione della Fagiolata nel Casale di Sant'Angelo a Mondragone







Un evento di grande festa che, a distanza di quasi cinque secoli, riesce a far rivivere lo splendore e lo sfarzo delle corti italiane di quell'epoca d'oro: il Rinascimento.
Stiamo parlando del corteo storico che ha fatto da cornice alla Fagiolata nell’antico Casale di Sant’Angelo a Mondragone.

Ci piace  immaginare di tornare indietro nel tempo...
siamo nell’anno di Grazia 1636 (era la formula usata a quei tempi).

Anna Carafa,
principessa di Stigliano e duchessa di Rocca di Mondragone, figlia unica di Antonio Carafa della Stadera, duca di Rocca di Mondragone e di Elena Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII,  erede di una fortuna valutata in 1.500.000 scudi, oltre a 650.000 ducati in beni mobili, che la rendeva una delle più ricche ereditiere del Regno di Napoli di quel periodo, 
era andata in sposa, 12 maggio, al futuro viceré di Napoli don Ramiro Felipe Nuñez de Guzmàn.

Il matrimonio si celebrò a Napoli nella dimora di famiglia presso la Porta di Chiaia, un palazzo maestoso, poi denominato "Cellamare", appartenuto agli inizi del Cinquecento all’abate di Atella, Giovan Francesco Carafa, e trasformato in grandiosa dimora dal nipote di questi, Luigi, secondo principe di Stigliano.

Ma chi era Anna Carafa?
5^ Principessa di Stigliano, 6^ Duchessa di Rocca di Mondragone, Duchessa di Traetto, Contessa di Fondi, Baronessa di Calotone, Piadena e Spineda, Signora di Montenero, San Lorenzo, Laviano, Castelgrande, Rapone, Alianello, San Arcangelo, Roccanova, Accettura, Gorgoglione, Guardia, Jannano, Pietra d’Acino, Riardo, Teano, Roccamonfina, Sessa, Minervino, Volturara, Moliterno, Armento, Montenuovo, Procina, San Nicandro, Pietravairano, Casafredda, Galluccio, Capolungo, Itri, Fratta, Castelforte, Spegno, Sperlonga, Pastena, Sauvi, Casalnuovo, Castellorato, Monticello, Isola, Campomele, Caramanico, Torcello ecc.


Titoli e beni le erano piovuti addosso alla morte del nonno, Luigi, principe di Stigliano, duca di Mondragone, conte d’Aliano e marito di Isabella Gonzaga, che deteneva il ducato di Sabbioneta. Era l’unica erede, essendo scomparsi sia il padre, sia i due fratelli.
Che fosse avvenente non si può affermare: le notizie concordano solo su una cascata di capelli biondi. Che fosse una delle donne più ricche dei suoi tempi, lo dimostra l’elenco degli aspiranti alla sua mano. 
La ricca dote trasformò la ricerca di un marito in un affare internazionale che occupò a lungo le cronache e la corrispondenza del tempo, nonché le lunghe relazioni che dalla capitale del Viceregno (Napoli), ambasciatori e rappresentanti diplomatici inviavano alle Corti si appartenenza.
Non a caso nel corso del suo soggiorno a Napoli nel 1630, Maria d’Austria, sorella minore di Filippo IV e regina d’Ungheria, concesse alla tre donne di casa Carafa di essere tra le cinque dame napoletane autorizzate a sedere in sua presenza «sopra un piumaccio, come Grandi di Spagna, concedutosi à tutte l’altre semplicemente un tappeto».

Prima che la scelta cadesse sul duca di Medina, non ancora viceré, ma sicuro candidato alla carica, avevano tentato il colpo Giancarlo de’ Medici, fratello del granduca di Toscana, Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII, il principe ereditario di Polonia Giovanni Casimiro e Francesco d’Este, primogenito del duca di Modena. La lista d’attesa comprendeva altri nomi altisonanti quando, rompendo gli indugi, donn’Anna andò sposa, quasi trentenne, al nobile spagnolo.
Il matrimonio di Anna Carafa era divenuto un vero e proprio affare di stato con le trattative portate avanti dall’imperatore Filippo IV, per il tramite del suo potentissimo ministro il duca-conte di Olivares, da un lato, e dalla madre di Anna, Elena Aldobrandini, e dalla nonna materna, Isabella Gonzaga, che sebbene non si fidassero delle promesse del duca-conte di Olivares, alla fine acconsentirono al matrimonio.
Era l'anno di grazia 1636.
L’anno dopo, come previsto, il marito divenne viceré di Napoli e Anna Carafa viceregina di Napoli.

Ci piace immaginare che, qualche tempo dopo le nozze, e ... chissà se lo abbia mai fatto!!, Anna Carafa con la sua corte abbia voluto far visita alle Terre di Rocca di Mondragone, a quei tempi terra paludosa, ricca di cacciagione, ma anche prodiga di prodotti dei campi… i fagioli, erano appena arrivati dalle Indie occidentali con Cristoforo Colombo e proprio in queste terre avevano trovato campo molto fertile.

Un corteo sontuoso, preceduto da cantori, giullari e dal castellano che, in suo nome, esercitava il potere, tra due ali di popolo festante e felice, faceva ingresso nel Casale di Sant’Angelo.





Ha scritto di lei, Matilde Serao nel suo immortale “Leggende napoletane”
Era lei la più nobile, la più potente, la più ricca, la più bella, la più rispettata, la più temuta, lei duchessa, lei signora, lei regina di forza e di grazia. Oh poteva salire gloriosa i due scalini che facevano del suo seggiolone quasi un trono; poteva levare la testa al caldo alito dell’ambizione appagata che le soffiava in volto. Le dame sedevano intorno a lei, facendole corona, minori tutte di lei: ella era sola, maggiore, unica.”