Gli strumenti popolari del "buco-buco" in senso orario: il "putipù", il "triccaballacche" e la "tammorra". |
Oggi è calato l’anno vecchio
e domani è l’anno nuovo
comm ce simm’ arrivati avuanni
ci arriveremo a ccà e cient’anni.
Con
questa quartina ripetuta tre volte, continuata poi da un’altra contenente l’invocazione
alla Vergine Maria perché liberi le case ed i paesi da malanni e da guai,
termina il canto augurale del “buco buco”.
Un
canto che la sera di San Silvestro, ultimo giorno dell’anno, attraverserà le
campagne dell’agro sessano e carinolese, un canto augurale le cui origini si
perdono nella notte dei tempi. Si è ipotizzato addirittura la nascita di questo
canto propiziatorio nell’Alto Medioevo quando i pellegrini attraversavano le
nostre campagne per arrivare nelle Puglie e da lì imbarcarsi per la Terra
Santa.
Un
canto orale, tramandato di generazione in generazione e che, per questo, oggi trova
alcune varianti tra quelli eseguiti in alcune frazioni di Sessa Aurunca, come a Lauro e San Castrese o Cascano oppure nel
carinolese dove a Casanova assume il nome di “buche buche” ed a Casale dove è
chiamato “santo Suliviesto”, cioè San Silvestro.
Ad
eseguirlo formazioni musicali che si aggregano spontaneamente, senza un
organico prestabilito, accompagnate da strumenti semplici, opera alcune volte
degli stessi suonatori: troviamo così il “putipù”, una sorta di cassa di
risonanza formata da un recipiente, una piccola botte, coperto da pelle con al
centro un bastone in legno che frizionato emette un rumore cupo; il “triccaballacche”,
tre martelli in legno che azionati tra di loro, i laterali contro il centrale,
emettono il rumore caratteristico; lo “scetavaiasse”, formato da due bastoni in
legno di cui uno liscio e l’altro con piccoli denti su di lato e cimbali
sull’altro, ed ancora “tammorre”,"tac-tac" e "castagnette", a volte integrati da strumenti musicali più
moderni: mandolino, chitarra e fisarmonica.
Il canto del "buco-buco" in occasione della presentazione del volume "Il buco-buco. Un canto della tradizione popolare aurunca tra storia e leggenda", Carinola, 22 dicembre 2012 |
Il
canto è sicuramente, come tutti i canti natalizi che ancora sopravvivono al
sud, un canto di questua, ma ancor di più “un canto di esortazione alla
redenzione spirituale”.
Il recente saggio a cura di Caterina Di Iorio e di Giovanni Loffredo “Il buco-buco. Un canto della tradizione popolare aurunca tra storia e
leggenda” contribuisce in maniera determinante alla conoscenza ed alla
comprensione di questa manifestazione folkloristica e quindi al suo recupero,
conservazione e valorizzazione.