mercoledì 14 novembre 2012

I marmi di Mondragone


Mondragone, località Sellara
Affioramento di un blocco di roccia marmifera gialla
Sono state rinomatissime le cave di marmi, che costituirono e sono tuttora il decoro e lo splendore della Reggia di Caserta e di Napoli e della chiesa di San Francesco da Paola coll’imponente porticato.Ora, per accidia dei dirigenti, le cave di San Mauro e di San Sebastiano sono quasi del tutto abbandonate. E' deplorevole che un cespite cosi cospicuo, resti improduttivo.
Così scriveva, quasi un secolo fa, esattamente nel 1927, Biagio Greco nella sua “Storia di Mondragone” e poi di seguito descriveva le caratteristiche dei marmi estratti dalle colline di Mondragone che nel corso dei secoli avevano vissuto momenti di grande splendore.

Infatti, fin dal 1754, Luigi Vanvitelli impegnato nella costruzione della Reggia di Caserta, si era recato a visitare con l’abate Vaccarini, altro grande architetto palermitano, le cave di S. Mauro e di San Sebastiano in Mondragone. Successivamente nelle stesse lavorò uno dei più bravi cavatori dell'epoca, Burrino Benedetto Belli, originario di Urbino, che aveva vinto l’appalto dello “scavo e taglio” delle pietre  il 26 luglio 1761 «da terminare quando piacerà al suddetto regio architetto». Nel 1767 lo stesso Benedetto Belli ebbe l’appalto per sbozzare le colonne della Cappella Palatina della Reggia che furono estratte in marmo giallo dalle cave di Mondragone.
In una lettera manoscritta del 14 agosto 1767, diretta a S. E. Neroni Intendente Generale dei Reali Stati di Caserta, l'architetto Luigi Vanvitelli così si esprime circa la valenza tecnica del Belli: 
Rispetto alla cava di Mondragone un certo Corsi di Carrara, che travagliò per il Can.co Avellino, l’anno passato voleva esibire a prezzo minor dei Burrini la cavatura; ma avendoli io detto che li pezzi grossi che cavò al Canonico Avellino erano belli in apparenza, inutili però in sostanza, perché tutti fessi e pelati, a cagione che aveva adoperato le mine con la polvere; ed all’opposto li Burrini adoperavano il sugo della braccia, e perciò riescano i pezzi saldi e sinceri, secondo mi occorre singolarmente per le colonne della Cappella se ne partì a capo chino, benché spinto dal fiscale. 
Manoscritti di Luigi Vanvitelli nell'Archivio della Reggia di Caserta 1752-1773, a cura di Antonio Gianfrotta, 2000. 
 Mondragone, località Sellara
Affioramento di un blocco di roccia marmifera grigia


Biagio Greco, nella sua opera, così descrive i marmi di Mondragone:



1. Marmo brecciato cinerino

Le cave di marmo di Mondragone sono fra le più eminentemente note nella Provincia. Ebbero un passato rinomatissimo, quantunque attualmente non vi si lavori quasi affatto.

I marmi di Mondragone li incontrate pressoché in tutti i monumenti antichi e moderni della Provincia, e si può ritenere sia stato il più diffuso. 

La cava più nota, è quella situata sulla regione Cimentara in faccia alla Starza a poco più di 100 metri sul livello del mare, di là si levarono i più bei massi di marmo per i colonnati del Teatro San Carlo di Napoli, per la Reggia di Napoli, Caserta etc. La cava, ossia le cave aperte hanno più di 50 metri di potenza. In tale località due marmi ordinariamente si scavano, ma non è difficile separarne un terzo e si potrebbe con tagli accorti, dare origine anche ad un quarto tipo; la cava presenta oltre 100 metri di coltivazione sui due lati, quello di notte, e quello di levante. Il banco ha un'altezza di 50 e più metri. Potrebbe però allargarsi di altri 100 metri, e approfondirsi di altri 50. La pietra per marmo, è ricoperta fino a metà del suo ammasso, dai depositi di arenarie, da calcari e argille mioceniche. I marmi sono brecciati, e la diversità nella natura e stato dell'elemento brecciante, costituisce le specialità nella varietà dei marmi.

Il tipo numero sei che descriviamo per primo; è costituito da una breccia fornita da frammenti calcarei, bruni, cenerini e bigio chiare intimamente cementati, da due elementi successivi, primo da carbonato spatico, il quale assume, col taglio una tinta bianco perlacea trasparente; il secondo da materia argillo-ferruginosa, di color giallo sporco, formante macchie opache. Il marmo lavorato è di un bell'effetto, facile al lavoro, conserva ciò nullameno la pulitura e la lucentezza.


2. Marmo brecciato giallo 
La cava dell’esemplare che descriviamo, è sottoposta alla precedente, vale a dire la prima forma cappello alla seconda, più la cava s'innalza e più è cenerina, più si abbassa, e più è gialla. Gli elementi della breccia in questo secondo tipo sono assai più confusi, la materia brecciante è così compenetrata negli elementi brecciati, che il bigio primitivo, il cenerino sfumano, sotto un'onda bianco perlacea opalina, come una pittura ad olio sovrapposta; vi è, per così dire, applicato il 2° elemento brecciante in giallo, costituito da elementi argillo-ferruginosi. Anche questo tipo, fu uno dei più accetti, pare un bardiglio, macchiato ad arte di giallo. Il marmo è bello, assume lucidatura e pulitura perfettissima, offre massi enormi, sani. Le cave di marmo di Mondragone, non offrono parti, rappresentano un ammasso di materia utile, per qualsiasi colossale lavoro.

3. Marmo cenerino bianco venato 
Come interessa saper ben dirigere lo scavo, l'orientamento, la segatura dei blocchi di marmo, secondo determinate norme, così è utile saper ben distinguere le varianti che succedono in un deposito. Una stessa cava si può in tal maniera arricchire di più esemplari, può creare delle varietà, dei tipi. Nella stessa cava di Mondragone, ci riuscì facile dividere nettamente in tre o quattro gruppi distinti i marmi. che si possono estrarre.
La cava di San Sebastiano è a poco più di 30 metri sul livello del mare, ha ai suoi piedi i ruderi dell'antica via Appia. In prossimità le famose acque minerali storiche di Mondragone. Nessuna cava di marmo si potrebbe trovare in migliori condizioni per lo scavo. Ha un estensione di circa mezzo chilometro, e oltre 200 metri di potenza.

4. Marmo bruniccio bianco venato 
Salendo sopra i monti di Mondragone al luogo detto Cresta del Gallo, presso la cava dell'acqua, a circa 300 metri sul livello del mare, la roccia compare diversa assai dalla precedente; dopo alcuni strati di calcari argillose e arenarie neucomiane, compare, il calcare maiolica, jurese, in strati sottili, ma più potente, si presenta uno strato di calcarea bruna venata di bianco. Abbiamo raccolto un primo esemplare che è appunto quello che descriviamo e un altro che descriveremo dopo. Il calcare non è fossilifero, ha colore uniforme, è venato in due sensi, le vene formano quasi losanghe. E una specie nuova per il luogo, ha maggiore profondità e può somministrare un buon marmo.

5. Marmo bruno venato 
Poco sopra al luogo dell'acqua, nelle montagne di Mondragone le stratificazioni   calcaree si presentano più determinate e omogenee.
Il bruno venato, si caratterizza fra gli strati sottili del calcare argilloso e del maiolica. Abbiamo levato l'esemplare che descriviamo, per far conoscere quest'altra specie di pietra per marmo ornamentale.
Il marmo è bruno, cenerino oscuro con qualche macchia giallastra ed è venato a zig zag da vene bianchissime spatiche. Come marmo da fondi o cornici, per zoccoli, gradini, ecc. sarebbe un ottimo acquisto per l'industria. Lo strato è esteso e crediamo attraversi lungh'esso tutto il monte Massico.

6. Marmo fiorito bigio
A monte Sant'Anna di Mondragone, a circa 390 metri sul livello del mare, la calcarea assume un'altra caratteristica assai diversa dai precedenti; si presenta di un bel colore cenere chiara.
L’esemplare che abbiamo fatto levare e lavorare ci presenta i seguenti caratteri: è di color bigio con macchie chiare formate da fossili minutissimi. Il fossile è di colore più chiaro, mentre l'incluso ossia la pasta contenuta nel guscio della conchiglia è più oscura, ciò che costituisce un elegante macchiettamento: sottili vene seghettate, parimenti chiare, attraversano la massa. L’assieme dei delicati contrasti, delle gradazioni dal bigio danno bell'aspetto al marmo.

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