Raccolta delle olive fatta a mezzo di macchine con aste telescopiche e pettini scuotitori.
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La produzione di olio è da sempre legata alle usanze e alle
credenze popolari, se poi si considera che per molti anni essa ha rappresentato
per talune famiglie l’unica fonte di ricchezza, ne discende il particolare
attaccamento che ad essa è stato da sempre riservato.
Si può affermare che l’olivo rappresenta la coltura agraria più
tradizionale e più espressiva del territorio in cui è radicata, la coltivazione
dell’olivo è l’ultima coltivazione che subisce il fenomeno dell’abbandono; c’è
quasi un rapporto sacrale che lega le genti delle terre aurunche e l’olio con
tutto ciò che a questo è dedicato, si può affermare che l’olivicoltura è l’esempio
tipico di coltivazione tradizionale famigliare; è come se fosse nel DNA delle
genti avere un piccolo oliveto da coltivare dal quale produrre l’olio per il
fabbisogno famigliare.
Tale è l’attaccamento con questo prodotto che un’usanza diffusa e
addirittura ancora talvolta praticata vuole attribuire presagi funesti ogni
qual volta si rompe un recipiente contenente olio e se ne perde il suo
contenuto. Ciò è testimonianza del fatto che, appunto, l’olio era per alcune
famiglie l’unica fonte di guadagno e quindi la sua perdita rappresentava una
vera e propria perdita di ricchezza.
In alcune epoche addirittura l’olio veniva utilizzato anche come
merce di scambio e nei matrimoni di campagna la ricchezza della sposa veniva
valutata anche in base alla quantità di “staia” di olio che essa
conferiva alla nuova famiglia come rendita annuale.
Lo "staio", misura per l'olio. |
Un’altra prerogativa tipica della coltura dell’olio è il fatto che esso aveva
appunto una unità di misura a sé, lo “staio” che corrispondeva a seconda
della zona a 10 o 11 litri. Era una unità di misura di capacità quindi e non di
peso e tale unità di misura veniva utilizzata solo per l’olio di oliva.
La raccolta delle olive e la loro frangitura ha rappresentato da
sempre un evento che, più che il resoconto economico di un’annata agraria,
scandiva un periodo dell’anno e dell’inverno in particolare dove si respirava
aria natalizia nei frantoi che rappresentavano un punto di aggregazione locale
di forte valenza sociale, almeno nel periodo di molitura.
Un vecchio frantoio oleario oggi conservato in una struttura alberghiera a Sorbello di Sessa Aurunca |
Antico torchio oleario |
Al “povero”
frantoiano, spesso anche commerciante di olio, veniva sempre attribuita la
nomea di “imbroglione” non meritevole di fiducia, responsabile di chissà
quale misfatto commerciale o di alchimia industriale, a tal punto che di
sovente, e ancora oggi, taluni olivicoltori soprattutto anziani quando
moliscono le olive seguono fisicamente il percorso dei loro frutti durante
tutte le fasi dell’estrazione dell’olio negli impianti che oramai sono sempre
meno tradizionali e sempre più moderni e simili ad impianti industriali,
attenti affinché non vengano commessi furti o frodi con i loro prodotti.
Olive del cultivar “Sessanella"
L’origine di questa varietà non è nota, è comunque abbastanza diffusa nei territori dei comuni di Sessa Aurunca, Carinola, Galluccio e Falciano del Massico. |
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