venerdì 30 gennaio 2015

Itinerari: verso il Santuario di Maria SS. dei Lattani a Roccamonfina



Per una comoda strada, fra castagni secolari e deliziosi borghi medievali, dal centro di Roccamonfina (m. 612) attraverso paesaggi stupendi, si sale verso la frazione Gallo, un modesto e tranquillo aggregato di case antiche, piene di storia e di testimonianze archeologiche; lungo il cammino ci vengono incontro luoghi d'arte di valore assoluto intrisi di memorie popolari, saperi e sapori antichi.
Rocce dalle forme curiose e uniche ricordano la passata attività vulcanica dell'area, oggi ricoperta da coltivazioni di castagni, il cui sviluppo rigoglioso è stato favorito nel tempo, dalla composizione mineralogica dei suoli lavici ottimale per le esigenze nutrizionali di questa specie.



Un territorio che cattura l'anima attraverso spazi, colori e sapori senza eguali, capaci di offrire al visitatore un'occasione unica per riscoprire le gioie della natura ed il piacere del buon vivere. 






Lungo la strada si possono ammirare straordinarie testimonianze storiche, che raccontano di un passato fatto di fede e di ingegno architettonico.




A Giglioli, un modesto gruppo di case, si può osservare un palazzo nobiliare con il blasone di coloro che lo abitarono ancora in bella mostra sul portone nobile e...  




quasi di fronte su di una casa di campagna una nicchia con una Madonnella di strada, di quelle che danno compagnia ai viandanti ed ai pellegrini nella salita verso il Santuario.



Nella frazione Gallo (m. 705) è possibile ammirare e visitare la Chiesa parrocchiale con il suo caratteristico campanile con la  cella campanaria ottagonale ed il sovrastante cuspide. 
La chiesa con interno a tre navate conserva un piccolo tabernacolo dell’olio santo del 1633.



Dalla frazione Gallo, proseguendo lungo la strada che porta ai monti Lattani, fiancheggiata dalle stazioni della Via Crucis, si arriva al quattrocentesco santuario di Maria SS. Dei Lattani (m. 765), in un luogo solitario e suggestivo, meta di numerosi pellegrinaggi.



Il santuario fu fondato nel 1430 da san Bernardino da Siena e da san Giacomo della Marca. 

giovedì 29 gennaio 2015

San Paride ad Fontem, un'antica Basilica nel territorio di Teano


San Paride ad Fontem
(foto gentilmente concessa da Cosimo Antitomaso
San Paride ad Fontem

Teano, antica città osco-sidicina, poi romana della Campania Felix, venera quale principale protettore San Paride, vescovo e confessore, che fu suo presule secoli addietro. Al Santo è, da oltre un millennio, dedicata una notevole chiesa medievale, la Basilica di San Paride, sita a circa 1 km dall'abitato medievale e attuale.
La chiesa eretta e dedicata a San Paride, vissuto nel IV secolo e noto per aver debellato il culto idolatrico dei sidicini, è localizzata presso il corso del fiume Savone (Savo) e la sua denominazione è infatti nota come San Paride ad Fontem,  probabilmente edificata sul sito di una basilica paleocristiana, tanto si desume da reperti di età più antica messi in luce da scavi recenti effettuati sotto la chiesa.
La chiesa, come ci appare oggi, risale alla fine del I° millennio, epoca in cui sorsero a Teano altre due chiese monastiche molto simili nell'impianto architettonico a quella di san Paride: San Benedetto e Santa Maria de Foris. L'attuale basilica ha uno schema tipicamente romanico rettangolare con tre navate ed abside semicircolare. Le tre navate sono spartite in sei campate e separate da arconi sorretti su ogni lato da cinque pilastri a base quadrangolare. Sei monofore per lato, in asse ai sottostanti arconi, illuminano la navata centrale. Sulla facciata sopra il portale di ingresso due semplici monofore.
Interessanti sono le quattro semicolonne che attestano l'esistenza di un antico portico che precedeva la facciata.
Il catino dell'abside conserva un affresco settecentesco e tracce di un precedente affresco seicentesco.


San Paride ad Fontem
La navata centrale e l'abside

Nel XV secolo la chiesa, ormai lontana dall'abitato di Teano, che dopo le incursioni barbariche si era ristretto solo nella parte alta della città romana, fu ceduta al Sovrano Militare Ordine di Malta e divenne sede di una importante precettoria nell'ambito del Priorato di Capua. Del patronato dell'Ordine resta traccia nel grande affresco dell'abside con la Vergine affiancata da san Giovanni Battista, patrono dell'Ordine, e da san Paride, titolare della commenda gerosolimitana e della chiesa. Sulla fascia che incornicia l'affresco, campeggia lo stemma dell'Ordine con la bianca croce ottagono in campo rosso.


Affresco dell'abside 
In alto lo stemma del Sovrano Militare Ordine di Malta


Il portale di ingresso




sabato 24 gennaio 2015

L'anfiteatro campano dell'antica Capua

L'anfiteatro campano dell'antica Capua

Il grandioso anfiteatro in grado di ospitare fino a 60.000 spettatori, fu costruito alla fine  del I secolo d.C., dopo la demolizione dell’arena di Spartaco.
Il modello di riferimento fu il Colosseo di Roma, rispetto al quale l’edificio di Capua è di poco inferiore. Alto in origine 44 metri, la struttura fu realizzata interamente con calcare del monte Tifata. La facciata presentava quattro piani, i primi tre con arcate sovrapposte, e il blocco centrale di ciascun arco era decorato con la testa di una divinità, forse utilizzate come riferimento per raggiungere i vari settori della cavea. 


Anfiteatro campano dell'antica Capua: uno degli ingressi alla cavea

Anfiteatro campano dell'antica Capua: la facciata esterna che si elevava su quattro ordini di arcate in calcare del Tifata. Teste di divinità erano al centro di ciascun arco e nei fornici erano installate statue. Le decorazioni risalgono al II secolo d.C.

Gli spettatori, secondo il proprio rango sociale, si accomodavano in ciascuno dei tre settori ei quali erano suddivise le gradinate da un alto muro e poggiava su un sistema di sotterranei divisi nel senso della lunghezza in nove corridoi paralleli. 

I sotterranei (carceres) avevano un sistema di smaltimento delle acque, 
stalli per le bestie e macchine elevatrici.

I sotterranei, area di servizio dell’anfiteatro, ospitavano i complessi macchinari scenici, gli addetti e i protagonisti degli spettacoli. Due cisterne poste sui lati est e ovest fornivano l’acqua indispensabile per le esigenze di funzionamento e per i famosi giochi d’acqua, tra i quali le aspersiones del pubblico con i profumi.
L’edificio fu utilizzato ancora nel V-VI secolo d.C. quando fu allestita una chiesa nei sotterranei. Certamente nel IX secolo fu utilizzato come fortezza. Proprio per evitare la possibile occupazione della struttura da parte di forze militari nemiche di Capua (nel frattempo trasferita sul sito attuale) fu ridotto in rovina. Il sito fu protetto dal 1522 come luogo della memoria collettiva con un editto della città di Capua.


Planimetria generale dell'area


Le foto sono di Salvatore Bertolino
Il testo è tratto da un pannello didascalico presente in loco.

venerdì 23 gennaio 2015

Il monastero di santa Reparata a Teano



Il monastero di S. Reparata si trova lungo la strada che da Teano porta a Roccamonfina, e la sua fondazione, sebbene al riguardo non vi siano notizie certe, non è anteriore all’ 804 in quanto non ricordato nel privilegio di Carlo Magno, che elenca tutti i possedimenti benedettini in Teano.
La data più probabile è la seconda metà del sec. IX. Secondo Domenico Giordano la traslazione di S. Reparata in Cattedrale avvenne nell’anno 880; la sua opinione è fondata su un’iscrizione trovata nella Cattedrale durante la ricostruzione.
E’ certamente uno dei conventi più importanti di Teano, anche perché all’interno dell’edificio vi sono i resti della Santa che è la Coopatrona di Teano, nonché la patrona di Firenze.



Il monastero fu soppresso canonicamente dopo il Concilio di Trento, per la sopravvenuta proibizione di tenere monasteri femminili fuori dell’abitato,
poiché quei monasteri di monache, che si trovano fuori delle mura della città o del villaggio, sono esposti alla preda e ad altri pericoli da parte dei malfattori e spesso senza alcuna difesa, se i vescovi e gli altri superiori lo crederanno, facciano in modo che le monache siano trasferite da essi a quelli nuovi - o a quelli vecchi - che si trovano entro le città o villaggi più abitati; richiedendo anche, se fosse necessario, l’aiuto del braccio secolare. Quelli che lo impedissero o che non obbedissero, siano costretti con le censure ecclesiastiche.

Le  monache furono accolte nel monastero di S. Caterina che ancora oggi esiste al centro di Teano.
Nel monastero subentrarono, nello stesso anno 1559, i Frati Cappuccini.
Nel 1810, a seguito della soppressione degli Ordini Religiosi, decretata dal Re Giuseppe Bonaparte, i Cappuccini abbandonarono la chiesa e il convento. Nel 1879 il Cardinale Bartolomeo d'Avanzo, vescovo di Teano, riscattò dal Demanio la chiesa e il convento, affidandoli ai Missionari Redentoristi che ancora oggi gestiscono la struttura.