La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

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lunedì 20 marzo 2017

Per le vie del Borgo... terza edizione a Cascano di Sessa Aurunca




Da sempre il toponimo Cascano evoca la produzione locale di manufatti in creta o terracotta: cannate, mummoli, pignatielli e tiani di varia e pregevole fattura. Lo scopo di questa manifestazione organizzata dalla Pro Loco di Cascano Gallicanum “Tra le Vie del Borgo, giunta quest'anno alla sua terza edizione, è proprio quello di celebrare Cascano capitale dell’artigianato Aurunco.
Una giornata dedicata all’artigianato, alla cultura, al folk, alle vitalità di un borgo speciale ed unico come Cascano.
Un interessante itinerario creato tra viuzze e piazze del Borgo, tra musica e degustazioni, tra esposizioni e giovalità. L’occasione per ammirare la produzione locale non solo di prodotti in creta, ma anche quella dei manufatti in vimini, con pregevoli dimostrazioni della tecnica di intreccio.
Saranno riaperti al pubblico palazzi ed abitazioni chiuse da anni con gli androni che diventeranno esposizioni di artigianato locale, mostre d’arte e di fotografia, ma anche luoghi per degustare gli ottimi prodotti della campagna sessana.





Gli antichi mestieri: il vasaio
Giusy De Simone 


Il vasaio, un antico mestiere che vede in Cascano frazione di Sessa Aurunca il ripetersi di una tradizione che ha i connotati di una vera e propria arte. Anche se, nella vicina Teano sono state ritrovate nelle necropoli risalenti al IV secolo a.C. tracce di vasi a vernice nera firmati non solo con il nome dei vasai che li avevano realizzati ma apposta in calce la menzione del luogo di fabbricazione: upsatuh sen Tiianei (operati sunt Teani) ovvero fatti a Teano. Il vasellame a vernice nera era proprio dell’intera area, la tecnica consisteva nel ricoprire la superficie del vaso con uno strato di vernice che cotta in ambienti con poco ossigeno produceva una copertura nera e lucida. Una delle sue caratteristiche è quella di essere praticamente impermeabile ai liquidi ed è per questa ragione che ha svolto funzioni di vasellame da mensa fino al I secolo a. C quando viene gradualmente sostituita dalla ‘terra sigillata’, la cui caratteristica principale è una vernice rossa, più o meno chiara e la decorazione a rilievo, modellata, impressa o applicata. Il mestiere del vasaio rispondeva alle esigenze quotidiane di sopravvivenza, i suoi oggetti avevano una destinazione d’uso precisa e fondamentale per le esigenze quotidiane ovvero cucinare, conservare, cuocere trasportare ogni sorta di alimenti e bevande. Il tornio da vasaio è solitamente verticale ed è costituito da un'asse che collega un piatto circolare superiore con un disco inferiore in legno che viene fatto ruotare con i piedi, dandogli la velocità necessaria per realizzare il vaso. Saper dosare la velocità e coordinare i movimenti indica la maestria del vasaio, un mestiere antico, ostinatamente attuale nonostante le origini siano alquanto antiche. E' un lavoro che richiede molta fantasia, creatività e, soprattutto, molta pazienza. La materia prima utilizzata nella bottega del vasaio è la creta. Per fare un vaso bisogna: amalgamare bene la creta, precedentemente sgrassata con segatura di legno e combustibili minerali, finché diventi un impasto omogeneo, si formano quindi dei panetti che vengono messi sul tornio dove le mani abili dell'artigiano modellano vasi di varie forme e dimensioni che, fatti asciugare, vengono poi infornati. Terminata la cottura si aspetta che si raffreddino e si passa alla fase della pittura e qui la fantasia non ha limiti. Questo è uno dei mestieri più antichi ma sono pochi i giovani che vi si avviano, perché comporta dei sacrifici: si lavora per più di otto ore al giorno e ci vuole del tempo prima di vedere il lavoro finito.

martedì 7 marzo 2017

I fuochi, le "coccetelle" e "la menestella" per san Giuseppe a Cascano.



Domenica 12 marzo 2017, ore 16:30, presso il Salone-Oratorio in Cascano di Sessa Aurunca si parlerà della complessa e articolata ricerca che il prof. Pasquale Stanziale ha compiuto sul rito che caratterizza la vigilia della festa di San Giuseppe a Cascano. 
“La sera del 18 Marzo a Cascano” è il titolo di uno studio che vuole risponde, come dice Franco Compasso nella prefazione, «all’ansia di conoscere, di capire, di penetrare un mondo chiuso e regolato da codici di comportamento mai scritti ma vissuti, a volte come momenti di oppressione, a volte come momenti di liberazione». Una lettura sociologica di un evento importante per la popolazione cascanese che, sia dal punto di vista religioso che laico, vive il 18 e il 19 marzo intensamente e come parte sostanziale della propria identità.
L’incontro, moderato dalla dott.ssa Ida Anna Distinto, vedrà l’intervento della dott.ssa Rossella Aurilio, presidente della Società italiana di Psicologia e Psicoterapia, di don Francesco Saverio Iodice, parroco di Cascano e dell’autore, il prof. Pasquale Stanziale.

sabato 1 ottobre 2016

I fasti del Rinascimento e la 38^ edizione della Fagiolata nel Casale di Sant'Angelo a Mondragone







Un evento di grande festa che, a distanza di quasi cinque secoli, riesce a far rivivere lo splendore e lo sfarzo delle corti italiane di quell'epoca d'oro: il Rinascimento.
Stiamo parlando del corteo storico che ha fatto da cornice alla Fagiolata nell’antico Casale di Sant’Angelo a Mondragone.

Ci piace  immaginare di tornare indietro nel tempo...
siamo nell’anno di Grazia 1636 (era la formula usata a quei tempi).

Anna Carafa,
principessa di Stigliano e duchessa di Rocca di Mondragone, figlia unica di Antonio Carafa della Stadera, duca di Rocca di Mondragone e di Elena Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII,  erede di una fortuna valutata in 1.500.000 scudi, oltre a 650.000 ducati in beni mobili, che la rendeva una delle più ricche ereditiere del Regno di Napoli di quel periodo, 
era andata in sposa, 12 maggio, al futuro viceré di Napoli don Ramiro Felipe Nuñez de Guzmàn.

Il matrimonio si celebrò a Napoli nella dimora di famiglia presso la Porta di Chiaia, un palazzo maestoso, poi denominato "Cellamare", appartenuto agli inizi del Cinquecento all’abate di Atella, Giovan Francesco Carafa, e trasformato in grandiosa dimora dal nipote di questi, Luigi, secondo principe di Stigliano.

Ma chi era Anna Carafa?
5^ Principessa di Stigliano, 6^ Duchessa di Rocca di Mondragone, Duchessa di Traetto, Contessa di Fondi, Baronessa di Calotone, Piadena e Spineda, Signora di Montenero, San Lorenzo, Laviano, Castelgrande, Rapone, Alianello, San Arcangelo, Roccanova, Accettura, Gorgoglione, Guardia, Jannano, Pietra d’Acino, Riardo, Teano, Roccamonfina, Sessa, Minervino, Volturara, Moliterno, Armento, Montenuovo, Procina, San Nicandro, Pietravairano, Casafredda, Galluccio, Capolungo, Itri, Fratta, Castelforte, Spegno, Sperlonga, Pastena, Sauvi, Casalnuovo, Castellorato, Monticello, Isola, Campomele, Caramanico, Torcello ecc.


Titoli e beni le erano piovuti addosso alla morte del nonno, Luigi, principe di Stigliano, duca di Mondragone, conte d’Aliano e marito di Isabella Gonzaga, che deteneva il ducato di Sabbioneta. Era l’unica erede, essendo scomparsi sia il padre, sia i due fratelli.
Che fosse avvenente non si può affermare: le notizie concordano solo su una cascata di capelli biondi. Che fosse una delle donne più ricche dei suoi tempi, lo dimostra l’elenco degli aspiranti alla sua mano. 
La ricca dote trasformò la ricerca di un marito in un affare internazionale che occupò a lungo le cronache e la corrispondenza del tempo, nonché le lunghe relazioni che dalla capitale del Viceregno (Napoli), ambasciatori e rappresentanti diplomatici inviavano alle Corti si appartenenza.
Non a caso nel corso del suo soggiorno a Napoli nel 1630, Maria d’Austria, sorella minore di Filippo IV e regina d’Ungheria, concesse alla tre donne di casa Carafa di essere tra le cinque dame napoletane autorizzate a sedere in sua presenza «sopra un piumaccio, come Grandi di Spagna, concedutosi à tutte l’altre semplicemente un tappeto».

Prima che la scelta cadesse sul duca di Medina, non ancora viceré, ma sicuro candidato alla carica, avevano tentato il colpo Giancarlo de’ Medici, fratello del granduca di Toscana, Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII, il principe ereditario di Polonia Giovanni Casimiro e Francesco d’Este, primogenito del duca di Modena. La lista d’attesa comprendeva altri nomi altisonanti quando, rompendo gli indugi, donn’Anna andò sposa, quasi trentenne, al nobile spagnolo.
Il matrimonio di Anna Carafa era divenuto un vero e proprio affare di stato con le trattative portate avanti dall’imperatore Filippo IV, per il tramite del suo potentissimo ministro il duca-conte di Olivares, da un lato, e dalla madre di Anna, Elena Aldobrandini, e dalla nonna materna, Isabella Gonzaga, che sebbene non si fidassero delle promesse del duca-conte di Olivares, alla fine acconsentirono al matrimonio.
Era l'anno di grazia 1636.
L’anno dopo, come previsto, il marito divenne viceré di Napoli e Anna Carafa viceregina di Napoli.

Ci piace immaginare che, qualche tempo dopo le nozze, (e ... chissà se lo abbia mai fatto!!), Anna Carafa con la sua corte abbia voluto far visita alle Terre di Roccha Montis Dragonis, a quei tempi terra paludosa, ricca di cacciagione, ma anche prodiga di prodotti dei campi… i fagioli, erano appena arrivati dalle Indie occidentali con Cristoforo Colombo e proprio in queste terre avevano trovato campo molto fertile.

Un corteo sontuoso, preceduto da cantori, giullari e dal castellano che, in suo nome, esercitava il potere, tra due ali di popolo festante e felice, faceva ingresso nel Casale di Sant’Angelo.





Ha scritto di lei, Matilde Serao nel suo immortale “Leggende napoletane”
Era lei la più nobile, la più potente, la più ricca, la più bella, la più rispettata, la più temuta, lei duchessa, lei signora, lei regina di forza e di grazia. Oh poteva salire gloriosa i due scalini che facevano del suo seggiolone quasi un trono; poteva levare la testa al caldo alito dell’ambizione appagata che le soffiava in volto. Le dame sedevano intorno a lei, facendole corona, minori tutte di lei: ella era sola, maggiore, unica.” 

domenica 4 settembre 2016

Mondragone, Lumina in Castro Rocca Montis Dragonis




“Metti che, in una fresca e calma sera d'estate, la Rocca Montis Dragonis abbia voglia di raccontarti la sua storia, di come nasce a difesa dei pochi coloni di Sinuessa sfuggiti alle devastazioni dei pirati saraceni e costretti a guadagnare la sommità del monte Petrino; di quanti tentativi abbia subito per essere espugnata, senza che mai alcuno vi sia riuscito; delle storie dei castellani che nel corso dei secoli l’hanno governata nel nome del sovrano di turno, sia stato esso il duca longobardo di Capua o quello normanno di Aversa, oppure uno dei re delle dinastie sveva, angioina o aragonese…, del suo abbandono ed, infine, delle cannonate che dal Tirreno l’hanno lacerata durante l’ultima guerra per snidare le truppe tedesche che da quella sommità controllavano la piana sottostante…”

“… e metti che accorra gente, a centinaia, da tutte le parti e che in fila indiana, munite di torce e bastoni, dopo un cammino di circa mezz’ora su di un impervio, ma ben tracciato sentiero, abbandonato il bosco, si trovi sul pianoro sommitale al cospetto di essa… la Rocca, che si erge maestosa, a strapiombo sulla città di Mondragone, con una vista mozzafiato che dai campi flegrei con l’isola di Ischia arriva fino al promontorio del Circeo…”







Ecco, questo è ... "Lumina in Castro"





Il brillare delle stelle, il riflesso della luna sul mare e la vista notturna della città di Mondragone ripagano della fatica sostenuta, … magico preludio agli abiti di luce che la Rocca indosserà in un rapido susseguirsi di proiezioni video, di atti teatrali e momenti di danza. 


Distogliendo lo sguardo dalla sottostante città e osservando  solo le antiche mura di quello che rimane oggi della Rocca sarà naturale sentirsi catapultati nella Storia, la nostra storia.


Lumina in Castro


Un progetto finalizzato alla valorizzazione storica, culturale ed ambientale del complesso archeologico della Rocca Montis Dragonis, sito sul pianoro sommitale del monte Petrino, nel comune di Mondragone, nato nel 2011, come naturale prosecuzione del progetto d’illuminazione della Rocca Montis Dragonis,  intrapreso  nel 2008. Ideatori, promotori ed organizzatori  di entrambi gli eventi, sono i componenti del Comitato Festa San Michele Arcangelo, sostenuti nel  corso degli anni dalle istituzioni pubbliche locali (Comune e Pro-loco). 
L’intento primario di questo ambizioso progetto è stato, sin dal principio, quello di sensibilizzare cittadini ed istituzioni alla valorizzazione del patrimonio storico, ambientale, culturale ed artistico della città di Mondragone.








mercoledì 3 agosto 2016

Festa della "Scugnatura"









Un giovedì all’insegna della tradizione, del folklore e dei sapori genuini, con degustazione dei prodotti tipici della campagna, nella splendida cornice del Casale di Sant’Angelo a Mondragone, all'ombra dello storico palazzo Ducale residenza dei duca Grillo.
“La scugnatura”, ovvero la sbaccellatura, questo il titolo della manifestazione che coinvolgerà il centro storico della nostra Città, dove saranno allestiti banchetti per degustare i piatti tipici, fra cui i fagioli sicuramente cotti e serviti in tutte le salse.

Domani, giovedì 4 agosto, a partire dalle ore 18,00 si inizierà con le operazioni di scugnatura, ovvero la separazione del fagiolo dal baccello secco e dalla pula, quindi esposizione di attrezzi agricoli e prodotti della terra. Alle ore 20 Messa di ringraziamento per i prodotti che la nostra terra produce ed infine spettacolo musicale con il gruppo dei Malerva e degustazione di prodotti tipici.



Festa popolare: si balla in piazza al suono della "pizzica"


Di tutte le feste del "Ferragosto mondragonese" è tra quelle che preferisco, aiuta a riappropriarci del nostro passato, un passato di agricoltori, contadini e braccianti.