La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

sabato 13 aprile 2024

S. Marie de Episcopio a Ventaroli di Carinola


La Basilica di S. Marie de Episcopio meglio conosciuta come Basilica di Foro Claudio o semplicemente Episcopio di Ventaroli, sorge nel territorio del comune di Carinola, a circa due chilometri dal capoluogo. 

E' una chiesa romanica a tre navate absidate di assetto desideriano, riferibile all'XI secolo, con colonne e capitelli di spoglio che sorreggono arcate a tutto sesto, come si può osservare anche nella coeva chiesa di S. Angelo in Formis.

La Basilica dell'XI secolo fu probabilmente costruita su una più antica chiesa altomedievale, a sua volta insistente su strutture paleocristiane:di tali preesistenze esistono tracce in facciata e nelle mura perimetrali. in età classica doveva invece esservi un complesso romano e, prima ancora, una struttura di età ellenistica.

Le tracce di due grandi archi, ancora ben visibili in facciata e non in asse con essa, attestano che la primitiva basilica paleocristiana fosse più grande di quella odierna. L'attuale impianto si rifà, come poc'anzi accennato, alle normative costruttive emanate dall'abate Desiderio di Montecassino, divenuto poi papa Vittore III, secondo le quali le chiese erette entro la giurisdizione benedettina dovevano ricalcare la planimetria della ricostruzione desideriana della chiesa di san Benedetto.

Molto probabilmente l'ingresso della basilica era preceduto da un pronao del tutto simile a quello della chiesa di S. Angelo in Formis, come suggeriscono tracce di ammorsatura presenti in facciata. Secondo alcuni studiosi il pronao andrebbe ricondotto alla fase paleocristiana, in relazione agli archi tompagnati visibili in facciata. Il portale, vilmente asportato qualche anno fa e di recente ricostruito, si allineava al clima storico-artistico aragonese che interessò Carinola nel secondo Quattrocento, facendo di essa la "Pompei del Quattrocento".




 

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La Basilica di Foro Claudio fu sede episcopale di transizione, se così si può dire, avendo da un lato raccolto l'eredità episcopale di Foro Popilio, ormai abbandonata per motivi non troppo chiari, e, segnando, dall'altro, il passaggio a quella di Carinola, istituita nel 1087 quando Bernardo fu nominato vescovo di CalinulumLa plausibile presenza dei resti di un battistero oggi interrato nel sagrato della chiesa ne confermerebbe l'antica funzione episcopale.

Gli affreschi presenti all'interno della basilica vanno inquadrati nel contesto della pittura romanica di ambito benedettino-cassinese, subito a ruota della decorazione della chiesa monastica di Montecassino e di S. Angelo in Formis; in verità è il solo catino absidale di sinistra con la Madonna fra un angelo e S. Pietro, nonchè i due san Giovanni non più leggibili sui pennacchi dell'arco absidale, a potersi ancorare alla fase desideriana; gli affreschi dell'abside centrale ed il San Michele dell'absidiola destra ricalcano, invece, stilemi bizantineggianti più tardi, forse addirittura del XIII secolo, e in forma, ormai, popolari e "manierate".






L'interessante velarium che corre inferiormente all'abside centrale abbina elefanti ibridi all'interno della rota centrale di un motivo complessivamente a cinque tondi (gli altri quattro con quadripetali) ad eleganti e complesse soluzioni fitomorfe entro motivi ottagonali dai lati concavi: si tratta di soluzioni evidentemente mutuate da stoffe orientali ampiamente circolanti nell'Italia meridionale.




Sulla parete laterale destra fanno bella mostra i riquardi dei mestieri, importantissima testimonianza storica di lingua volgare e delle prime corporazioni delle Arti da collocarsi all'epoca rinascimentale. Si ipotizza che la loro presenza sia da mettere in relazione a lavori per la chiesa, finanziati da artigiani e commercianti locali.



Ad essi si accompagnano numerosi altri affreschi votivi, testimonianza dei culti più radicati a livello locale (S. Leonardo, S. Nicola, S. Martino eremita, Madonna del Latte) e variamente collocabili fra il momento tardo-gotico e la fase ormai rinascimentale.






Cenni bibliografici:

M. D'Onofrio, V. Pace, Italia Romanica. La Campania, Milano 1981;

G. Leva, F. Miraglia, Il restauro della basilica di Santa Maria in Foro Claudio a Ventaroli (1968-1972) in G. Fiengo, L. Guerriero (a cura di), Monumenti e documenti. Restauri e restauratori del secondo Novecento (Atti del Convegno Nazionale), Napoli, 2011;

S. Ricciardona, Pittura romanica e tardo gotica in Terra di Lavoro, in U. Zannini (a cura di), Testimonianze storiche, archeologiche e artistiche del territorio di Francolise, Napoli, 2009;

U. Zannini, I Fora in Italia e gli esempi campani di Forum Popilii e Forum Claudii, Morcone, 2009

Testo a cura dell'Archeoclub d'Italia, 

sede di Carinola "prof. P. Michele Piccirillo" 

con la collaborazione del prof. Silvio Ricciardone e del prof. arch. Francesco Miraglia.


Le foto a corredo sono di Salvatore Bertolino

 






mercoledì 3 aprile 2024

Carinola. La chiesa dell'Annunziata


Chiesa dell'Annunziata


Tra i gioielli architettonici di Carinola che abbiamo potuto conoscere ed ammirare nelle Giornate FAI appena trascorse (23-24 marzo 2024) c'è stata la Chiesa dell'Annunziata.


Chiesa dell'Annunziata - Arco dell'abside


Nota anche come chiesa dell'Ave Gratia Plena (A.G.P.), era parte integrante di un complesso che comprendeva anche un ospedale, una Cappella destinata alla Confraternita della SS. Concezione ed alcune botteghe che apportavano rendite all'ospedale.

Il complesso realizzato nel XV secolo con il contributo dell'Università della città e dei Carafa principi di Stigliano, era ubicato al di fuori della cittadella, all'interno di una seconda murazione e lungo la strada che, entrando dalla Porta dell'Annunziata, conduceva alla cittadella attraverso la Porta del Seggio o proseguiva per Sessa attraverso la Porta del Castello.

La struttura di culto è stata concepita secondo i canoni dell'architettura tardo-gotica, scanditi da una certa eleganza dei partiti decorativi: impianto ad aula e copertura a tetto, pareti laterali smaterializzate tramite delle piccole cappelle incorniciate con archi ogivali in tufo grigio su pilastri politici; l'abside a pianta quadrangolare con volta a crociera. L'esterno della chiesa è molto semplice e, ad articolarlo, giungono alcuni elementi architettonici quali: il portale di gusto rinascimentale (sormontato da una lunetta a semicerchio affrescata) asimmetrico rispetto alla facciata all'ocello superiore, la piccola torre campanaria sormontata all'estremità da una cupoletta a cipolla maiolicata (inserita probabilmente nel sec. XVIII) e l'ingresso all'antico ospedale, trasformato in una cappella quando la struttura assistenziale era scomparsa anche nelle suestrutture materiali.L'ingresso all'ospedale presenta elementi archiacuti e decorativi che lasciano intravedere un certo gusto catalano. Sempre accanto alla facciata vi è l'ingresso tardo-gotico (portale in tufo grigio sormontato da una lunetta acuta) alla Cappella della SS. Concezione.


Chiesa dell'Annunziata - Copertura dell'abside




Chiesa dell'Annunziata - Torre campanaria

All'interno della Chiesa si possono ammirare numerosi frammenti di affreschi realizzati a partire dal XV secolo

 


Chiesa dell'Annunziata - Affresco



Chiesa dell'Annunziata - Affresco



Chiesa dell'Annunziata - Affresco


Il testo è tratto da:

Carinola. Guida ai luoghi e ai monumenti del territorio, 2016

Foto:

Salvatore Bertolino


sabato 9 marzo 2024

SINUESSA. Una colonia romana



Sinuessa. Muro poligonale in blocchi di calcare

Sinuessa nacque nel 296 a.C. quando, con lo scopo di difendere il tracciato dell'Appia (che fin dal 312 a.C. collegava Roma con Capua, la principale città della Campania), l'agro Vescino e quello Falerno, di recente colonizzato, dalle incursioni sannitiche e per creare una solida difesa costiera del territorio direttamente controllato da Roma, fu deciso di dedurre due colonie romane: l'una, Minturnae, a breve distanza dalla foce del  Garigliano e a controllo del passaggio del fiume, l'altra Sinuessa, al limite estremo del Latium adiectum e a guardia dello stretto passaggio, pianeggiante che, fra le estreme pendici della catena del Massico ed il litorale, permetteva di penetrare nella piana campana.


Sinuessa. Decumano ovest-est 

Il nome di Sinuessa compare, oltre che in questa dizione, nella forma Senuisa in una iscrizione di età augustea, e anche nella forma Sinuesa.

Gli scavi non hanno riportato alla luce nulla che sia anteriore alla fondazione della città, mentre non mancano reperti del II secolo a.C.

Probabilmente da respingere è dunque la tradizione riportata da Livio, che sul sito di Sinuessa vi sarebbe stata una più antica città "greca", Sinope: forse si tratta di una costruzione erudita, finalizzata a nobilitare le origini della città.

"ubi Sinope dicitur Greca urbs fuisse"


Mario Pagano, SINUESSA Storia ed Archeologia di una colonia romana, 
Ed. Duomo Sessa Aurunca, 1990



Sinuessa. Decumano est-ovest 




Sinuessa. Fontanile con abbeveratoio




Sinuessa. Particolare del fontanile


Incombe per tutta la costa desolata e adusta il silenzio secolare, interrotto dal monotono frangersi delle onde sulla minutissima arena. Il suolo brullo, dal quale a stento spunta qualche sterpo, qualche erba striminzita e qualche giungaia, forma un povero manto che covre tanta desolazione, mentre il mare cristallino e intensamente azzurro tremula e scintilla sotto i raggi del sole, formando uno sfondo vivissimo a tanto quadro di morte. Le dune si accavallano e si allungano in lunga teoria per la costa sinuosa fin verso Formia a occidente e fin verso la punta di Miseno a oriente, come dorsi di dromedari in fila, dando la sensazione degli sterminati deserti africani. Sotto quelle dune, accavallatesi per forza dei venti e per i millenni, sotto quel suolo, posteriore alle dune, sterile e inospitale, e sotto quelle onde terse e cristalline, giace la vetusta città di Sinope, tramutatasi poi in Sinuessa. Lungo la costa marina, e pei campi circostanti e verso nord, affiorano appena ruderi di muraglie, capitelli di colonne, frantumi di pavimenti a mosaico, cocci di anfore, e per tutta la estensione il suolo è seminato di rottami di vasi, di mattoni, di lapidi, di marmi. Chi si aggira attonito per quella sodaglia, sente qui e là il terreno addensato suonare sotto i piedi, indizio di vuoto nel sottosuolo. Sulle dune e sulla spiaggia il piede affonda fino alla caviglia per la finissima sabbia, sotto la quale pur si trovano avanzi della città. Lo studioso, con la sua fantasia, ricostruisce, sulle poche e indecise notizie desunte dai classici latini, la città di Sinuessa, smagliante e splendente, vastissima, coronata da edifici, da portici, da anfiteatri e da templi maestosi; ove Orazio e Virgilio si incontrarono nel viaggio a Brindisi sulla via Appia, che intersecava appunto la città di Sinuessa [...]
Biagio Greco, Storia di Mondragone, vol.I, 1927




Sinuessa.
Mosaico dalla villa romana di san Limato lussuoso esempio di residenza suburbana




Sinuessa.
Mosaico dalla villa romana di san Limato lussuoso esempio di residenza suburbana




Sinuessa.
Villa romana di san Limato lussuoso esempio di residenza suburbana




Sinuessa.
Villa romana di san Limato lussuoso esempio di residenza suburbana





martedì 20 febbraio 2024

L' Appia antica, la prima "autostrada" della Storia...

I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che dai Greci furono trascurate, cioè nell'aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache

 StraboneGeografia

 

L' APPIA ANTICA, LA PRIMA "AUTOSTRADA" DELLA STORIA...
La prima autostrada della storia: così potrebbe essere definita l’Appia Antica. Progettata nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco, l’Appia forniva un collegamento diretto fra Roma e Capua (successivamente prolungato fino a Brindisi) con un tracciato rettilineo e agevole, percorribile comodamente sia dai carri che dai pedoni. Per ottenere questo risultato fu necessario un sforzo economico impegnativo e un progetto ingegneristico rivoluzionario, capace di superare gli ostacoli paesaggistici che rendevano il sistema viario precedente tortuoso e accidentato.


L'Appia antica a Sinuessa



L'Appia antica a Sinuessa


L'Appia attraversava la città di Formiae e proseguiva verso la foce dell'antico Liris (attuale Garigliano) dopo essere passata per Minturnae. A questo punto la strada attraversava il corso d'acqua su di un ponte e procedeva in direzione di Sinuessa passando al di sotto dell'attuale monte Cicoli, propaggine estrema del Massico e successivamente all'altezza dell'attuale bivio di Levagnole ai piedi del monte Pizzuto, iniziava a percorrere la moderna strada provinciale Incaldana, che in gran parte ne ricalca il tracciato. Lungo questo tratto si stabilirono, nel corso del II secolo a.C. numerose strutture a carattere produttivo-residenziale, in connessione diretta con il passaggio della via Appia che rivestì un importantissimo ruolo economico-commerciale per tutta la zona dell'agro Falerno. La via Appia proseguiva raggiungendo il cd. Casino della Starza e si dirigeva verso il pons Campanus situato a 115 miglia da Roma, per portarsi successivamente a Casilinum (attuale Capua) ed infine a Capua (attuale Santa Maria Capua Vetere), concludendo il percorso al miliario CXXXII.

Ugo Zannini, La via Appia attraverso i secoli, Istituto Grafico Editoriale Italiano, 2002



Museo Campano di Capua
Appia antica miliario CXXVI (particolare) 




L'Appia antica a Sinuessa




L'Appia antica nei pressi del cimitero di Mondragone




L'Appia antica nei pressi del cimitero di Mondragone


Testo: dal web
Foto: Salvatore Bertolino

sabato 3 febbraio 2024

Le Matres Matutae






L'ex voto è la rappresentazione materiale di quella che 
per anni è stata definita "cultura subalterna" e 
contemporaneamente un mezzo per ricostruire 
la religiosità popolare e le tracce dell'uomo "immerso" 
nel confronto con la parte visibile del suo Sé, la sua anima.

Lucia Malafronte, Ex Voto, Edizioni Intra Moenia





Le Matres Matutae sono sculture in tufo raffiguranti donne sedute con in grembo uno o più bambini in fasce.

Le prime Madri furono rinvenute accidentalmente nei pressi dell’antica Capua nel 1845 (esattamente a Curti, fondo Patturelli), raccolte intorno ai resti di una grande ara in tufo.
Solo tra il 1873 e il 1887 si effettuarono ricerche con finalità archeologiche che portarono alla luce un numero considerevole di statue e solo qualche elemento del tempio. Fra le statue un’unica scultura che, invece di reggere neonati tra le braccia, aveva in una mano una melagrana e nell’altra una colomba, simboli di fecondità e di pace. Quella scultura, che raffigurava la divinità tutelare del tempio, è stata individuata come una delle diverse rappresentazioni dell’antica dea italica dell’aurora e della fecondità muliebre: la Bona Dea, o Damia, come da rilevazioni di alcune scritture pare venisse chiamata nel territorio di Capua la “Mater Matuta
Le Madri, invece, rappresentano probabilmente degli ex voto considerato, un’offerta propiziatoria e un ringraziamento per la concessione del bene della fecondità. Nel tempo, per le sculture in tufo, si è consolidata la dizione Matres Matutae. 
La collezione conta oltre centotrenta statue, datate presumibilmente tra il IV e il I secolo a.C. è conservata presso il Museo Campano nel palazzo Antignano a Capua dove le è stata dedicata un'intera ala.
 
Testo dal web 
foto Salvatore Bertolino




Mater Matuta




Mater Matuta




Mater Matuta




Mater Matuta




Matres Matutae con opere d'arte in esposizione


martedì 30 gennaio 2024

Il Vaso di Issione al Museo Campano di Capua


Il Vaso di Issione (IV-V sec. a.C.)


Tra la vasta collezione di vasi attici a vernice rossa del IV-V sec. a.C. conservati al Museo Campano di Capua, ce n'è uno che attrae subito l'attenzione, la raffigurazione di una figura umana maschile chiusa in un cerchio. A prima vista sembrerebbe una decorazione antesignana dell'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, si tratta del Vaso di Issione.

Ecco il mito:
Issione, re dei Lapiti e figlio di Flegia, aveva scelto di sposare Dia, figlia di Deioneo (o Ioneo) promettendo al suo futuro suocero una sostanziosa dote. Il ricco premio nuziale sarebbe stato consegnato durante un festino che Issione aveva organizzato presso la sua dimora, ma in realtà la riunione conviviale altro non era che un tranello. Infatti, sulla soglia del palazzo Issione aveva fatto scavare una fossa che fu riempita di carboni ardenti. Dioneo, inconsapevole, vi cadde dentro e morì bruciato. Dopo l’azione malvagia Issione fu perseguitato dalla totalità dei mortali, tanto che fu preso da follia. Solo Zeus si mosse a pietà e dopo averlo purificato del delitto commesso, gli permise addirittura di partecipare alla sua mensa, ma il nostro eroe non tenne in alcuna considerazione la magnanimità del suo benefattore. Così architettò di sedurre Era, sposa di Zeus, sicuro che ella avrebbe accettato le offerte amorose per vendicarsi dei continui tradimenti del marito.
La dea invece riferì tutto allo sposo il quale si vendicò formando in una nuvola il simulacro di Era. Issione ubriaco non si accorse della sostituzione e si unì ad essa convinto di unirsi ad Era. Zeus, quando fu certo del tradimento del suo ospite, ordinò ad Ermete di frustarlo a sangue perché ripetesse: Chi fa del bene deve essere onorato. Poi lo fece legare con serpenti ad una ruota di fuoco a quattro raggi e lo scagliò nel cielo perché vi roteasse in eterno. Il simulacro di Era, che poi prese il nome di Nefele, generò un essere mostruoso che in età matura si accoppiò alle cavalle della Magnesia dando origine alla serie dei Centauri, tra i quali anche Chirone che divenne famoso per essere maestro di eroi e di divinità.



Il Vaso di Issione (IV-V sec. a.C.)