La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

Visualizzazione post con etichetta Massico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Massico. Mostra tutti i post

domenica 6 agosto 2017

Il caldo di questi giorni: scenario apocalittico o "dejà vu" !

Fotocartolina originale
dell'accampamento dell'8° RGMT Bersaglieri, attendato a Roccamonfina inizi del '900
(per gentile concessione di Giovanni Casale)

Il caldo insopportabile di questi giorni sembra scatenare in ognuno di noi paure represse quasi da fine del mondo, a mio parere e per quanto io possa ricordare giorni così ne abbiamo già visti in anni precedenti, anche se non supportati da periodi così lunghi di siccità. Questa è a mio parere la cosa preoccupante...!
Mi sono imbattuto stamattina in un articolo abbastanza singolare, basato su una testimonianza storica: addirittura una cartolina nella quale si fa riferimento ad un periodo di caldo inusuale che colpì le nostre terre (quelle del Massico) agli inizi del '900.

Pubblico il testo in maniera integrale.

A proposito di caldo e temperature record, a proposito degli insulsi sensazionalismi pseudoscientifici mediatici.. Roba da peracottari.. Ecco una raro esempio di citazione confortata da dati oggettivi.. 
Valogno, inizi '900... Da una fonte dell'epoca: "1,2,3, Agosto.Caldo insopportabile ed una leggera scossa di terremoto. L'inverno è stato rigido con temperature al di sotto dei 2 gradi. Come si diceva l'estate è molto calda, con temperature che arrivano a 35° all'ombra danneggiando gravemente le campagne"... e qui la "chicca"..."Trovasi a passare per Valogno, l'8° reggimento Bersaglieri per la gara di marcia. DIVERSI SOLDATI RIMANGONO AMMALATI A VALOGNO PER INSOLAZIONE"...

lunedì 17 luglio 2017

Un altro scempio è compiuto: brucia il Massico

Un altro scempio è compiuto!
Così appariva monte Massico ieri sera...
Tutto ad opera di qualche bastardo e infame che trova gusto ad appiccare il fuoco e magari poi tornarsene al bar e davanti all'ennesima birra commentare con gli amici il disastro che si sta compiendo. 
Sono stato sul posto di prima mattina, credevo che l'incendio avesse devastato anche il mio oliveto, ma è passato appena qualche km più a nord. Dove è passato il fuoco non resta quasi nulla, la distruzione è totale.






e quello che vedete nelle foto che seguono è la meraviglia che sta bruciando.



Viene da dire una sola parola: Vergogna!







Non solo «un'evidente azione criminale», ma «quasi un disegno eversivo». Così il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca sulla situazione incendi nella regione. «Mi pare chiaro che chi ha vissuto per anni e anni sull'economia dell'emergenza - aggiunge De Luca - punti a ricreare le condizioni per poter guadagnare ancora perpetrando i disastri dell'ambiente. Noi continueremo la nostra azione per ripulire l'ambiente contro ogni interesse illecito e criminale».

Caro Governatore De Luca,
a momenti speciali, si risponde con mezzi speciali. 
Ritorniamo al Medioevo...! Istituiamo nuovamente la gogna.
I pezzi di merda incendiari non hanno bisogno di galera, c'è bisogno di metterli in mostra. Una volta presi mettiamoli in bella mostra ...alla gogna in piazza! 



giovedì 21 gennaio 2016

Alla scoperta del territorio: santa Maria della Grancelsa a Casanova di Carinola



Situata in felice posizione ambientale, a mezza costa di un contrafforte del monte Massico, la piccola chiesa di santa Maria della Grancelsa è facilmente raggiungibile dal centro di Casanova, piccolo borgo del comune di Carinola.
Questo interessante edificio può essere inquadrato nell’ambito di un fenomeno molto diffuso in epoca tardo-romana e alto-medievale: quello della riutilizzazione di struttura architettoniche preesistenti, di solito ville romane, che in relazione alle mutate vicende storiche e sociali, vedevano mutare la loro funzione. Rientrante, pertanto, in una siffatta tipologia, l’attuale struttura di modeste dimensioni, sorge, probabilmente, sui resti di una villa romana molto più estesa.



In base ai pochi e frammentari dati di cui si dispone, si sa che l’edificio, in quanto struttura religiosa, dipendeva, fin dall’XI secolo, dall’Abbazia di san Vincenzo al Volturno, il che ne confermerebbe l’adesione alla regola benedettina, e la sua originaria destinazione a monastero.


L’attuale struttura è quella di una piccola cappella, munita di una cisterna e pochi altri spazi, eretta dai fedeli a Santuario. E’ da rilevare, al suo interno, al di sotto di un recente dipinto, la presenza di una affresco molto più antico, di cui tuttavia, non si conosce molto. 
Chiusa per gran parte dell’anno, viene aperta in occasione delle celebrazioni per la festa della Madonna della Grancelsa, a cui il santuario è dedicato.



Il testo è tratto da 
Carinola tra storia e immagini, 
edito a cura di Lagambiente, circolo Nuova Calenum,1998

domenica 13 dicembre 2015

Chiesetta della Madonna della Neve tra i borghi di San Felice e Corbara


La chiesetta della Madonna della Neve nascosta fra i colori dell' autunno.



PREGHIERA ALLA MADONNA DELLA NEVE

Vergine Immacolata bianca e pura 
piu' della neve, stendi su tutta la tua terra un candido
manto della tua neve, della tua purezza, della
tua innocenza, della tua bellezza.
Rendi i nostri cuori bianchi e simili alla neve;
puri, innocenti,, belli agli occhi di Dio.
Amen






Si veda anche l'altro post pubblicato precedentemente:
http://lebellezzedelmassico.blogspot.it/2015/05/sul-sentiero-per-corbara.html


giovedì 27 agosto 2015

Mondragone. IV edizione di Lumina in Castro sulla Rocca Montis Dragonis

Lumina in Castro 2015. 
Locandina

Appena quattro anni di vita e già si presenta come una delle manifestazioni più attese nel panorama degli eventi che si svolgono a Mondragone, parliamo di Lumina in Castro, un progetto nato nel 2011, che anche quest’anno con la collaborazione tra il Comune di Mondragone, il Museo Archeologico “Biagio Greco e la Parrocchia di san Michele arcangelo extra moenia, si propone di valorizzare il complesso archeologico della Rocca Montis Dragonis, importante sito storico e culturale, oggetto da dodici anni di campagne di scavi finanziate dalla Città di Mondragone e condotti da importanti Università italiane. 
Per approfondimenti sul sito è possibile visitare:

Rocca Montis Dragonis  che si erge maestosa sulla vetta del Petrino sarà  la protagonista indiscussa della IV edizione di Lumina in Castro, dal 3 al 6 settembre prossimo.


Rocca Montis Dragonis


I partecipanti a Lumina in Castro suddivisi in due gruppi, per ciascuna delle quattro serate, dopo aver raggiunto con mezzi propri il campo di ristoro allestito in località “Passata”, muniti di torce elettriche dagli organizzatori, raggiungeranno la Rocca percorrendo un sentiero naturale, sotto la guida di operatori della Protezione Civile. Giunti sul promontorio potranno apprezzare la maestosità della Rocca Montis Dragonis, dinanzi a un panorama che spazia da punta Campanella fino al promontorio del Circeo.
Grazie alla complicità del paesaggio, colto nelle ore notturne, e agli spettacoli teatrali e di danza, la Rocca apparirà ai presenti in tutto il suo splendore, accentuato dalla proiezione di alcuni video scelti per l’evento, non a caso denominato 

LA ROCCA SULLE ORME DI PERSEO:  LE STELLE RACCONTANO IL MITO



Rocca Montis Dragonis


Gli organizzatori invitano a visitare la pagina del progetto (FAI Fondo Ambiente Italiano) “I luoghi del Cuore”: 



accedendo ad essa, sarà possibile esprimere il proprio voto a favore della Rocca Montis Dragonis e, quindi, sollecitare le Istituzioni locali e nazionali competenti affinché riconoscano l’interesse dei cittadini verso la Rocca Montis Dragonis e mettano a disposizione le forze necessarie per il suo recupero.

domenica 17 maggio 2015

Festa di Maggio (terza domenica): l'Infiorata a Casanova di Carinola


Le “infiorate” sono tappeti artistici di fiori e foglie realizzati soprattutto per la festività del Corpus Domini, ma non solo, nel caso specifico, siamo a Casanova, un borgo del comune di Carinola e l’occasione è fissata per la terza domenica di maggio, quando la statua della Madonna della Grancelsa viene portata in processione dalla chiesa parrocchiale al santuario della Grancelsa sulla collina retrostante il piccolo borgo. 






La notte che precede la domenica dell'Infiorata non si dorme nel piccolo centro, fino al mattino presto, tutti i cittadini, grandi e piccoli, sono sulla strada della Grancelsa a colorare i mosaici ed i quadri, fino a comporre un grande tappeto per tutta la lunghezza della strada; i petali, le infiorescenze, le foglie, i semi, i frutti essiccati, i fondi del caffè, precedentemente smembrati, poi lasciati a riposare nel buio umido di grotte e cantine si riconpongono alla luce del sole per prendere nuove forme.





Le infiorate sono realizzate spontaneamente componendo fiori e foglie sul percorso della processione religiosa; caricati, attraverso il contatto con il sacro, di una forza salvifica, in alcuni paesi, dopo la festa i fiori vengono buttati nei campi come benedizione per un buon raccolto e protezione dalla grandine. 

E' pia consuetudine raccogliere i petali dell'infiorata e spargerli nelle vigne per scongiurare il pericolo della grandine.
Giovanni Musolino, Barbarano storia civile Storia religiosa




Carinola, frazione Casanova, Festa di maggio, infiorata 2015



Le cronache storiche ci parlano delle origini delle Infiorate e fanno risalire l’inizio di questo evento artistico al periodo “Barocco”.


Infatti, la prima “infiorata” si fa risalire al 29 giugno del 1625, quando, in Vaticano, in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo fu realizzato uno splendido tappeto di fiori in cui venivano riprodotte immagini sacre e altri soggetti. Addirittura il grande Lorenzo Bernini è tra i primi a cimentarsi in questa particolare arte decorativa. 

Da quella data, lentamente la tradizione si diffuse in molti paesi e città, e tra queste, certamente tra le più belle e antiche, sono da ricordare l’Infiorata di Genzano (RM), Genazzano (RM), Arcinazzo Romano (RM), Ranzi (Pietra Ligure - GE), Fucecchio (FI), Spello (PG), Gambatesa (CB), Noto (SR) e in Campania, S. Valentino Torio (SA), Acropoli (SA), Cusano Mutri (BN),  Casanova di Carinola (Caserta) e da ultima il borgo medievale di Sant'Angelo di Mondragone (Caserta), cittadine dove questa manifestazione devozionale, coinvolgente e spettacolare, occupa un posto di grande rispetto nel quadro generale delle tradizioni artistiche e culturali di questi luoghi, tanto da essere diventati appuntamenti attesi tutto l’anno non solo dai cittadini, ma anche dall’incredibile numero di turisti che questo tipo di manifestazione è capace di attirare.

Il testo, tratto dal web e liberamente interpretato, 
e le foto sono dell'autore:

Salvatore Bertolino

sabato 17 gennaio 2015

Immortale Falerno! Nettare degli dei...


Manuela Piancastelli, valente giornalista de IL MATTINO, in un suo lavoro I Grandi Vini della Terra di Lavoro, parlando del Falerno dice:

Il vino più famoso dell’antichità in assoluto, fu il Falerno. E fu anche la prima doc del mondo perché, per la prima volta nella storia, il vino fu identificato nel territorio, ossia in quell’Agro Falerno sui cui confini si sono accapigliati per secoli gli studiosi, ma che doveva avere il cuore  nella zona tra Mondragone, Falciano e Carinola, ai piedi del monte Massico e che si estendeva lungo l’asse dell’Appia.
La storia ci racconta che i Greci, quando arrivarono in Italia fondando Cuma nel 730 a.C:, portarono come corredo anche alcune viti, le cosiddette aminee delle quali, nonostante la mole di studi, si sa in effetti ben poco. Plinio nella Naturalis Historia e Columella nel De re rustica, qualche secolo dopo, ne fecero una sorta di classificazione (maiuscola, minuscola, e gemella, cui fu aggiunta la germana e la lanata) che però ci aiuta poco nell'identificazione di quei vitigni con quelli attuali.


Mi sono imbattuto, facendo nelle mie ricerche, in un articolo a firma di Giovanni De Stasio, originario di Falciano del Massico, apprezzato giornalista de Il Mattino, Il Giornale di Caserta, Il Corriere del Mezzogiorno, autore di una pubblicazione proprio sul Falerno, di cui è un ottimo produttore, pubblicato su Caserta Economia & Lavoro, rivista on-line edita dalla Camera di Commercio di Caserta.

Il vino Falerno da nettare degli dei alla conquista di Parigi e del vitigno Primitivo

"Il vino è il canto della terra verso il cielo".
Così scriveva Luigi Veronelli considerato il più grande cantore moderno del vino che ha contribuito a fare la storia, la civiltà dei popoli. Il vino è il Falerno, considerato il "number one" dell'enologia antica e moderna. Il più antico, il più blasonato, il più celebre, il più caro vino della storia! 
La più inebriante bevanda dell'umanità. Una cosa è certa: il Falerno è la Storia. Come la Storia dell'antichità e della modernità. L'eternità! Certo nessun altro elemento resiste all'inesorabile usura del tempo, a dargli la paternità di infinità è il grande Marziale quando lo definisce "Immortale Falernum". Evidentemente presagiva che il Falerno conservasse la sua fama imperitura. Veramente un dono di Dio se si pensa che questa magica bevanda aveva svolto un ruolo, importante nella storia, nella cultura, nella tradizione, nell'economia dei popoli. Per non parlare dei suoi effetti miracolosi nel campo dell'amore, tanto da essere definito, dall'ex presidente dell'ordine regionale dei giornalisti Ermanno Corsi il "moderno Viagra". Ma non è che nell'antichità romana non avessero, sperimentato gli effetti afrodisiaci del Falerno. Lucano scriveva che il Falerno dava spinte vigorose e penetranti agli incontri di Cleopatra.
Ma è tutto il Parnaso latino ad elevare il suo inno di gloria al Falerno. Tutta la poesia e tutta la letteratura romana antica pullulavano di panegirici al Falerno, quasi considerandolo come un dio della salute e dell'amore. “Nettare degli dei ..... Massico umore di Bacco", il "vino degli imperatori" così veniva declamato nell'antichità latina. Basti ricordare che a quei tempi una cena, un pranzo per essere dichiarati "importanti e di lusso" dovevano essere innaffiati dal vino Falerno, che si fregiò della prima DOC al mondo.
Il grande Cesare festeggiò i suoi successi bellico-politici con il Falerno. E quando non si aveva la fortuna di possederlo, ci si scusava - come successe ad Orazio - che avendo invitato a cena si giustificava di non potergli offrire il mitico Falerno. Ma innaffiò le cene pantagrueliche di Trimalcione e Damisippo, dove avevano partecipato i potenti di allora.
Virgilio, nel secondo libro delle Georgiche scriveva che il Falerno non aveva rivali. Orazio definiva il Falerno un vino "severus", "fortis" e "ardens"; Marco Terenzio Varrone annetteva al Falerno una fortissima spinta propulsiva tale da chiamarlo "incendium virium"; Marziale lo inneggiava "Immortale Falernum"; non meno elogiativa l'espressione di Plinio che lo chiamava "auterumm"; Dionigi di Alicarnassa "soave e pulchri coloris"; Strabone "vinum optimum".
E quale l'apprezzamento del re del foro romano Cicerone? "firmissimum, generosum ac praecipuae bonitatis". E del poeta dell'amore Catullo? "Minister vetuli, puer, Falerni niger mihi calices amariores". 
Insomma tutta la produzione letteraria antica lo aveva consacrato il migliore vino del mondo, e logicamente il suo costo era altissimo. Una bottiglia di Falerno, sotto Diocleziano costava - così come riportano i classici latini - 60 dinari, ossia - osservava lo storico-archeologo Giuseppe Guadagno - "due Padreterni". Un'altra testimonianza sul prezzo del Falerno è di Falerno che scrive: “Il falerno costa molto”; Diodoro Siculo scriveva che un'anfora di quel vino si comprava con trentatre dinari. Con cento dinari si compravano due buoi o quattordici quintali di grano. Ad Ercolano - dice sempre Diodoro Siculo - con un bicchiere di Falerno si compravano le buone prestazioni di due etere. Insomma, il Falerno era così richiesto che la sua produzione non riusciva a soddisfare le tantissime richieste, tanto che esso veniva frequentemente falsificato. Regge gli anni di invecchiamento? Ecco una testimonianza dai classici: dal Satiricon di Petronio: "Intanto, vengono portate anfore di vetro, accuratamente sigillate col gesso; sull'etichetta di tela, che era attaccata al loro collo, si leggeva: Falerno del consolato di Opimio anni cento. Mentre guardavamo questa scritta, Trimalcione battè dolorosamente le mani dicendo: Ahimè! Il vino ha dunque più lunga vita di noi fragili creature umane? Ma noi ci vendicheremo succhiandolo tutto. Nel vino è la vita. Questo poi è quello di Opimio, garantito".
E la fama del Falerno è sfociata nella leggenda. La mitologia racconta che il dio Bacco, proprio sulle falde del monte Massico, comparve sotto mentite spoglie ad un vecchio agricoltore di nome Falerno, il quale, nonostante la sua umile condizione, lo accolse offrendogli tutto quanto aveva, latte, miele e frutta. Bacco, commosso, lo premiò trasformando quel latte in vino che Falerno bevve, addormentandosi subito dopo. Fu allora che Bacco trasformò tutto il declivio di Monte Massico in un florido vigneto.


Mondragone, località Tre colonne

Ma quale la culla di questo vino leggendario?
Macrobio scrive testualmente: "Il territorio Falerno, il Falernus Ager, si estende tra il Monte Massico ed il Volturno e precisamente nel territorio dell'antica Calenum". Ambrogio Calepino; l'umanista bergamasco del tardo 400, precisa che il vino Falerno è quello delle pendici del Massico, tra Falciano, Casanova, Ventaroli e Cascano".
Il disciplinare per la Doc al Falerno prescrive, però, che si produca nei 5 Comuni di Falciano del Massico, Carinola, Mondragone, Cellole e Sessa Aurunca. Ma ora una domanda sorge spontanea: il Falerno contemporaneo è ritornato - dopo la falcidia della fillossera del 900 - ad essere il "number one" dell'enologia mondiale?
Con questo secolo è ritornato ad essere l'immortale Falernum, l'incendium virium", il "nettare degli dei" dell'antichità? La risposta - anche se i tempi sono cambiati - è positiva. Specialmente se il Falerno lo si ricava dal vitigno Primitivo. Sia l'ex star Veronelli (l'ipse dixit dell'enologia moderna) che Luigi Moio, una vera e propria autorità mondiale dell'enologia e definito il "poeta del vino", hanno con forza definito il Falerno il vitigno Primitivo. 
Vitigno uva Primitivo
Anche se il disciplinare della DOC prescrive i vitigni Aglianico, Piedirosso e Barbera. Forse rispetto a prima oggi il Falerno non gode del marketing di allora. Prima osannato ed incensato da letteratura e da imperatori, oggi il mercato è selvaggio e non vince sempre il migliore prodotto. L'intossicazione della propaganda e l'egemonia dei "maghi del vino" la fanno da padroni. Ed è difficile che l'eccellenza vinca sulla mediocrità. Oggi tanti titoli si comprano. Però, malgrado tutto, il Falerno non vince, ma neanche perde la sfida dell'attuale "mercato globale" governato dalla "competition is competition".
I convegni, i seminari, le degustazioni sul Falerno sono all'ordine del giorno. Ed anche gli elogi per le ebbrezze che si sono provate nella degustazione dell'attuale Falerno, sono copiosi ed entusiastici.
La laurea di ottimo vino al Falerno è venuta dal grandissimo attore Laurence Olivier. Durante la lavorazione del film su Lady Hamilton a Palazzo Reale a Caserta, l'attore fu ospite del preside Troianiello che coltivava il Falerno sui colli di Casanova di Carinola, sempre alle falde del mitico Monte Massico. Quando ritornò a Londra, Laurence inviò al preside un biglietto che recitava testualmente: '"La ringrazio per il suo immenso gradito regalo di quell'eccellentissimo Falerno. Lo berrò col roast beef come lei suggerisce".
Un altro significativo riconoscimento arrivò tempo fa da una iniziativa della Camera del Commercio di Caserta dove veniva fuori che "il Falerno conquista Parigi". Un conclave tra i maggiori critici enogastronomici italiani e stranieri, promosse a piene mani il Falerno. Ma il protagonista della "tre giorni", svoltasi sul litorale domizio, fu Alain Passard. Il cuoco francese, insignito di tre stelle Michelin e titolare dell'Arpage di Parigi, è ritenuto tra i dieci migliori cuochi mondiali. Passard mise insieme cucina francese e l'antico Falerno. E Francois Maussr presidente del Grand europee du vin francese (una delle più importanti associazioni di assaggiatori di vino disse che il Falerno ha tutti i numeri per competere con i grandi rossi bordolesi di Francia".
E tanti e tanti altri simposi elogiativi per questa magica bevanda. Bevanda che manda in estasi il grande giornalista Roberto Gervaso che, in un epinicio al Falerno, scriveva sulla prima pagina de "Il Mattino" che il Falerno favoriva il talamo.