La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

mercoledì 6 febbraio 2013

Sessa Aurunca. Il Museo diocesano "Giovanni Maria Diamare"




La diocesi di Sessa Aurunca comprende attualmente i comuni di Sessa Aurunca, Carinola, Falciano del Massico e Mondragone, comuni di antichissima storia nei quali la civiltà si è sviluppata assai presto. Questo Museo riguarda un ambito specifico, quello dell’arte sacra che qui risale fino al I secolo, ma porta con sé testimonianze ricche di una Chiesa vivace circondata da grandi e colte famiglie, come conferma il caso straordinario di Carinola che uno studioso del calibro di Venturi ha definito “una Pompei quattrocentesca”  per la ricchezza e la raffinatezza delle architetture, opera di Guglielmo Sagrera che la trasformò in un suggestivo centro di arte ‘catalana’.
La diocesi sessana è molto antica con prime attestazioni che risalgono al V-VI secolo, anche se, come è noto, la civiltà aurunca è ben più antica: area di grande storia, dunque, che non poteva non spingere alla creazione di un Museo che raccogliesse almeno in parte documenti e testimonianze molte delle quali provenienti dalla splendida Cattedrale, edificio con forti impronte desideriane, consacrata nel 1103, anche se molto rimaneggiata nel corso di questi lunghi secoli.
Fu il vescovo Giovanni Maria Diamare a cominciare dalla fine dell’Ottocento a raccogliere i disiecta membra: frammenti lapidei, epigrafi, capitelli, arredi sacri, lastre incise, legni lavorati, dipinti. Il lavoro di raccolta è continuato fino a quando non si è individuato, come prestigiosa sede, il complesso monumentale benedettino di San Germano (sec. XIII).
Molto interessante è la raccolta dei legni dipinti fra i quali spicca una sorridente Madonna quattrocentesca con in braccio il Bambino, proveniente dalla stessa Chiesa di San Germano.
La presenza degli Ordini mendicanti, Francescani e Domenicani, ai quali si aggiunsero nel tempo Agostiniani, Carmelitani e Cappuccini, fu favorita anche dalla costruzione di chiese e conventi voluti in particolare da Giovanni Antonio Marzano (sec. XV): questo spiega la presenza di più statue in legno intagliato dedicate a San Francesco, di gusto popolare, ma intense.
Molte sono le lastre in marmo con stemmi gentilizi o figure in bassorilievo a memoria dei tanti Signori che vissero in questa bella e importante città, a cominciare da Giovanni A. Marzano, duca di Sessa, morto nel 1453, sepolto nella chiesa di San Francesco con la spada appuntita al fianco e due cuccioli ai piedi.
Lo stesso ritmo compositivo si ripete nella lastra tombale di Galeazzo Guindazzo, sindaco di Sessa alla fine del Quattrocento. Un cucciolo ai suoi piedi, un leone sulla destra che si arrampica sulla spada finalmente deposta. Molte sono la lastre funerarie di grande interesse storico-documentario relativamente alle tante famiglie di potenti che nei secoli vissero a Sessa. Fra i tanti marmi spicca per la sua rigorosa solennità una piccola urna cineraria in tufo giallino di tarda età romana (IV sec.), ritrovata nel cimitero di San Casto. Al centro due croci, una dentro l’altra, con ai lati due rosette in rilievo.
Molto ricca la collezione degli argenti: calici, aspersori, pastorali (bacula), secchielli, turiboli, pissidi. Fra questi fa sorprendente mostra di sé un busto in argento e rame del sec. XVIII di un ignoto santo: in forma di veste dalmata, è completamente sbalzato con realistici motivi di fiori e rami. Molto vistosa è anche la porticina di un tabernacolo in argento proveniente dal monastero di San Germano (sec. XIX).

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Testo da:
Jolanda Capriglione, I musei della provincia di Caserta, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Caserta, 2005.

Foto di Salvatore Bertolino   























Falciano del Massico. Le prime attività del Museo Civico


Al via venerdì 8 febbraio 2013, alle ore 18,00, la prima attività culturale organizzata dal Museo Civico di Falciano del Massico di cui ha appena assunto la direzione il dott. Ugo Zannini, archeologo, studioso del nostro territorio e componente il consiglio nazionale dell'Archeoclub d'Italia.

"Questo saprei farlo anch'io ...": dalla Gioconda allo scarabocchio. Le buone (e le cattive) ragioni di un'opera d'arte. 

Questo il titolo della manifestazione organizzata dal Museo Civico Archeologico in collaborazione con l'Archeoclub di Falciano del Massico e l'oratorio Magic House, a cura del prof. Silvio Ricciardone del Liceo Classico e Linguistico Internazionale "Carlo Botta" di Ivrea TO, con l'intervento dell'assessore alla Cultura del comune di Falciano del Massico Salvatore Sorvillo e del Sindaco dott. Giosuè Santoro. La presentazione dell'evento affidata al direttore dott. Ugo Zannini.

Il Museo Civico di Falciano del Massico si sviluppa su di un'area di circa 200 mq. L’allestimento, attualmente, è in corso di progettazione e sarà dedicato interamente al vino in epoca romana. La struttura sarà anche sede del Centro Studi "Vino, viticoltura ed enologia in epoca romana" di cui il Consiglio Comunale ha appena approvato l'istituzione,  e che ha l’ambizione di diventare in ambito nazionale il propulsore di attività legate al vino in epoca romana mettendo a disposizione degli studiosi tutta la documentazione esistente sull’argomento e creando una banca dati unica nel suo genere.
Nel frattempo il Museo vuole assumere un posto centrale nella vita culturale cittadina coadiuvando e aiutando le varie associazioni alla realizzazione di un cartellone culturale che possa soddisfare le varie sensibilità presenti sul territorio.  

giovedì 31 gennaio 2013

A Mondragone la Festa della Cittadinanza.


Sarà celebrata sabato 16 marzo 2013 presso la Sala Conferenze "Mario Pacifico" del Museo civico archeologico "Biagio Greco", la Festa della Cittadinanza, durante la quale sarà consegnata copia della Costituzione Italiana ad una rappresentanza delle ragazze e dei ragazzi che compiranno il 18° anno nell’anno 2013.
Tutto nasce da un protocollo d’intesa tra il Lions Club Sinuessa Ager Falernus di cui è presidente il dott. Vincenzo Corvino e l’Amministrazione Comunale di Mondragone.

La cittadinanza italiana si basa sul principio dello jus sanguinis (diritto di sangue), per il quale il figlio nato da padre italiano o da madre italiana è italiano.
I cittadini stranieri, tuttavia, possono acquistarla se in possesso di determinati requisiti.
La materia è attualmente regolata dalla legge n. 91 del 5 febbraio 1992 e successivi regolamenti.
Non esiste nella legislazione italiana lo jus soli (diritto di suolo), che consentirebbe  a tutti coloro nati su suolo italiano, di acquisire dalla nascita la cittadinanza.
In base alla normativa vigente è possibile individuare due tipologie di concessione: per matrimonio regolata dall’art.5 della legge 5.2.1992, n. 91; per residenza regolata dall’art. 9 della legge 5.2.1992, n.91.

lunedì 28 gennaio 2013

Il lago di Falciano ed altre depressioni dell'agro Falerno


Il lago di Falciano

Agro Falerno


L’agro Falerno è quell’area che va da Mondragone a Carinola ed in cui si trovano il lago di Falciano del Massico, le Fosse Barbata, del Ballerino e della Torre qui studiate. Questa zona pianeggiante è bordata da rilievi cartonatici e vulcanici ed è famosa fin dall’epoca dei Romani per la produzione del vino.
Le aree studiate sono evidenziate nella foto.

Parziale del fotogramma 2579 del volo Italia dell’IGM del 1954 (striscia 1 Foglio 172). Sono evidenziati il lago di Falciano (in verde), la Fossa Barbata (in rosso), la Fossa del Ballerino (in azzurro), la Fossa della Torre (tratteggio blu), la Fossa Annunziata (in arancio) e La Valla (tratteggio giallo).

Lago di Falciano del Massico, Fossa Annunziata e La Valla


Il lago di Falciano del Massico, già lago di Carinola, si trova nell’omonima pianura a sud dell’edificio vulcanico di Roccamonfina. Gli altri rilievi circostanti sono la dorsale di Monte Massico a nord-nordovest e quella di Monte Maggiore ad est. 
Questo lago di circa 96.000 m2 ha oggi una forma irregolare dovuta ad opere antropiche e alla creazione di un canale immissario (Rio Fontanelle) ed uno emissario (Rio Forma) già dall’epoca dei Borboni. Attenendoci alla tavoletta IGM al 25000 chiamiamo Fossa Annunziata posta più a nord la forma circolare e La Valla quella che oggi è solo una paleoforma relitta con due pareti verticali e le altre due completamente spianate dall’attività antropica come evidente dall’analisi stereoscopica. La Fossa Annunziata, sulla carta topografica al 100000 non compare mentre è presente La Valla. A tale proposito ipotizziamo che i due toponimi indichino in realtà la stessa fossa.
La fossa Annunziata sulla carta geologica al 100.000 appare come uno specchio d’acqua mentre oggi si presenta con una forma di base ancora circolare ma alcune pareti sono state obliterate dall’azione antropica che le ha livellate portando l’ingresso della cavità a livello di una strada sterrata posta alla stessa quota del fondo della cavità. Appare difficile ora riconoscere la forma originaria visibile su carte del passato e foto aeree in cui si constata la presenza di pareti subverticali.

Rilievi cartonatici di Monte Massico poco lontani dal lago. La foto è orientata verso NW. 
Foto di Caramanna G, 2004.


ANALISI STORICA

L’analisi storica di quest’area è stata possibile grazie all’esistenza di alcuni lavori di tipo archeologico condotti su questa zona. Alcuni autori citati in questo capitolo (Scherillo et alii, 1965; Zannini, 2001), fanno infatti riferimento allo scrittore latino-cristiano Paolo Orosio che nel 417 d.C. scriveva che nel 276 a.C. (quindi circa 600 anni prima) nella zona di Cales (odierna Carinola) si aprì una voragine improvvisa e grandi fiamme arsero per alcuni giorni. L’autore Ugo Zannini (2001), nel suo volume sul Comune di Falciano del Massico, sostiene che la traduzione fedele dal testo originale suddetto pone dubbi sull’ubicazione esatta di questo luogo: pertanto l’evento potrebbe in realtà essere avvenuto un po’ più ad ovest dell’attuale Lago, nella Fossa Barbata, o un po’ più a nord nella Fossa Annunziata anche considerando le dimensioni cui il testo storico fa riferimento. L’autore cita anche un’altra fonte per individuare la nascita del lago: nel Grande Archivio di Napoli ci sono sei volumi dal titolo “Regii Neapolitani Archivi Monumenta” in cui si parla di un “lago di Sancte Christine” nel territorio di Carinola nel 1105. Zannini nell’analizzare due carte storiche della Provincia di Terra di Lavoro, una del 1613 di Cartaro e l’altra del 1616 eseguita dal Baratta e dal Fontana ha visto che nella prima il lago non compare nonostante il dettaglio con cui essa è stata disegnata mentre nella seconda, tematica, il lago c’è. L’assenza di informazioni sul lago da scritti di epoca romana fa presupporre una sua più recente formazione; infatti, questa zona già all’epoca era famosa per i vini pregiati (Zannini, 2001).
La fonte storica più recente è la Carta topografica dell’Istituto Topografico Militare. del 1875 che mostra sì il lago, ma con una forma diversa e con un areale maggiore; questo indica che l’immissario attraverso il suo carico solido lo ha parzialmente interrato. In questa carta, inoltre, il toponimo di Santa Cristina non compare. Tale toponimo è invece presente nella tavoletta topografica al 25.000 dell’IGM in cui è visibile una Masseria S. Cristina a NE dell’attuale Lago.

FONTI BIBLIOGRAFICHE 


Il lago in esame assieme alla Fossa Annunziata sono evidenziati anche nella figura appresso pubblicata.



Stralcio dalla tavoletta IGM 172 III NW con ubicazione del Lago di Falciano (in verde) della Fossa Annunziata (in arancio) e di La Valla (in giallo). In rosso si evidenzia la tettonica ricostruita dalle foto aeree del volo IGM del 1954.

Secondo Scherillo (1965), Scherillo et alii (1966) e Gasparini (1966) il lago in esame, così come le altre cavità  vengono definiti “maaren” ossia “crateri” di esplosione puramente gassosa in cui non si è avuta, o quasi, alcuna emissione di prodotti, e non si ha un anello sopralevato; tale assenza pone comunque il ricercatore in dubbio sulla reale origine del lago di Falciano anche in considerazione delle sue dimensioni. Anche Zannini (2001) propone per il lago di Falciano una analoga origine come visibile sul cartellone presente sul ciglio stradale di fronte al lago e come anche riportato nel volume sopra citato.
Lavori recenti (Del Prete et alii, 2004) li interpretano invece il lago come un sinkhole in analogia a tutti quelli qui in studio. Per quanto riguarda la depressione de La Valla essa è solo nominata nel lavoro di Scherillo (1965). La forma che sul 100000 è chiamata così, corrisponde sul 25000 IGM alla Fossa Annunziata

GEOLOGIA DELL’AREA

Dallo studio della carta geologica in scala 1:100.000 emerge che il lago di Falciano si trova in gran parte su depositi di origine vulcanica: nella zona ad est e in quella a nord infatti affiora l’Ignimbrite Campana mentre nel settore meridionale affiorano delle sabbie e limi grigi e giallastri, stratificati, incoerenti. Sulla carta sono segnate anche due sorgenti ad est e ovest del lago di Falciano che però oggi non si ritrovano più. Anche le depressioni di La Valla e Fossa Annunziata appaiono interamente impostate sull’Ignimbrite Campana.

ANALISI DI CAMPAGNA

In situ quello che è stato osservato, relativamente al lago di Falciano, è uno specchio d’acqua abbastanza grande ricco di vegetazione, con una forma irregolare dovuta al “delta” prodotto dall’immissario e che ha rimpicciolito la superficie originaria del lago.
La profondità massima, misurata al centro, è di 6,5 m, mentre lungo i bordi si hanno pareti subverticali che portano il fondo subito a 3,5 m (Fonte APAT- Progetto Sinkhole); questo conferma la freschezza del taglio nonostante l’immissario con i suoi detriti abbia colmato una parte del lago che è purtroppo soggetto ad interramento.
A poche centinaia di metri dal bordo nord-ovest del lago affiora una parete subverticale alta circa 4m di Ignimbrite Campana che si presenta come un deposito massivo, di colore grigio con all’interno abbondanti fenocristalli di sanidino (dimensioni fino a 3-4 mm) e pirosseni, pomici decimetriche e grosse scorie.



Lago di Falciano: parete subverticale di Ignimbrite Campana presente sul bordo NW lungo la stradina che costeggia il lago.


I depositi cartonatici affiorano a pochi chilometri con la dorsale del Monte Massico (foto 10) ed infatti dai dati dei pozzi dichiarati con la Legge 464/84 emerge che questi sono presenti a 62m  per  n° 30, a 74m per n° 24 e a 32m per n° 21. La Valla e la Fossa Annunziata si trovano interamente tagliate nell’Ignimbrite Campana, ma a causa dell’azione antropica sono oggi difficilmente riconoscibili; la prima ha due pareti completamente spianate e nel corso degli anni è divenuta una sorta di piana, la seconda è più piccolina e presenta una forma circolare meglio conservata.


Lago di Falciano: dettaglio del deposito della foto. Il deposito appare di colore grigio, massivo, ricco in grossi cristalli di sanidino e di scorie.

Nei pressi della Fossa Annunziata abbiamo chiesto informazioni ad un residente e questi ci ha raccontato che molti anni fa, in seguito ad opere antropiche, emersero alcuni scheletri umani nelle vicinanze di un antico insediamento romano; questo può farci pensare che l’Annunziata, già esistente naturalmente, grazie alla sua forma perfettamente circolare possa aver avuto la funzione di un’arena o di un anfiteatro pertinente a tale insediamento. Inoltre, ci ha raccontato che il fondo della cavità è stato via via colmato per aumentare la superficie coltivabile; attualmente i pozzi pescano acqua a circa 12m mentre più a valle la captano a 3m. Grazie agli sbancamenti subiti da quest’area possiamo constatare uno spessore di Ignimbrite Campana superiore ai 5m.

CONSIDERAZIONI

Come già visto per le altre cavità, alcuni Autori le inseriscono nello stesso sistema genetico ossia attribuibili ad attività esplosiva connessa a quella del Roccamonfina, in relazione anche al fatto che esse sarebbero allineate lungo la direttrice del M. Massico.
Se ciò fosse vero, bisognerebbe trovare innanzitutto i prodotti di tali esplosioni o comunque del materiale frammentato disposto radialmente come detto per tutte le altre forme di dubbia genesi. Secondo poi, abbiamo appurato che il deposito piroclastico dell’IC risulta tagliato dalle cavità e questo (per il principio di intersezione) le pone più in alto nella scala temporale; ricordiamo anche che già questo deposito vulcanico (39.000 anni, De Vivo et alii, 2001) è più recente dell’ultimo attribuibile al Roccamonfina (53.000 anni, Capelli et alii, 1999).
Paolo Orosio colloca qualcosa accaduto in quest’area intorno al 276 a.C. a conferma quindi della totale estraneità dei due eventi. Del Prete et alii (2004) sostengono, per le medesime cavità una possibile genesi da sprofondamento anche se nelle conclusioni le inserisce, assieme a quelle della Media valle del Volturno, in quelle in cui i meccanismi genetici sono poco chiari.
La presenza di importanti elementi tettonici ancora attivi ha favorito la risalita di fluidi ricchi in CO2 ed H2S, come evidente dalle molte sorgenti mineralizzate presenti nell’area; tali fluidi hanno probabilmente agito sui livelli cartonatici profondi facilitandone la dissoluzione ed il possibile crollo.


Fossa Barbata, Fossa del Ballerino e Fossa della Torre


UBICAZIONE

La Fossa Barbata e la Fossa del Ballerino si trovano a pochi chilometri sia da Mondragone, a sud-ovest, che da Falciano Selice, a nord-est; a circa 2 Km a nord di esse c’è la dorsale carbonatica del Monte Massico. La Fossa Barbata ha una forma circolare con un diametro di circa 200m; dalle foto aeree si vede che la sponda N-NE è franata  ed ora c’è un terrazzo.
La fossa del Ballerino ha una forma ad otto, orientata NE-SW lunga quasi 400m; questa forma è il risultato di due strutture circolari che si compenetrano parzialmente; nella zona di contatto il bordo si trova alla stessa quota del piano campagna (43m) mentre il fondo delle fosse, pianeggiante e coltivato, è più basso di 10-14m; dalle foto aeree si nota che la cavità di NE è meno profonda.
Ad est della Fossa Barbata, secondo i rilievi da noi effettuati, ce ne un’altra che abbiamo chiamato Fossa della Torre perché adiacente alla Torre del Ballerino. La struttura è visibile anche tramite la fotointerpretazione; dallo studio delle foto aeree emerge che essa è bordata da due faglie parallele orientate NE-SW e che il lato ad est è completamente stato rimodellato dall’attività antropica.

ANALISI DELLA CARTOGRAFIA STORICA

Nella Carta dell’Istituto Topografico-Militare Italiano del 1875 con il nome di Fossa Barbata è indicata quella che oggi è invece quella del Ballerino; la forma di questa non è ancora ad “otto” sembrerebbe quindi che la parte di NE non si fosse ancora formata. Questo smonta l’ipotesi di una contemporaneità con il vulcanismo nord campano.
La Fossa Barbata, sembra che qui si chiami Fossa del Parco; la forma è più o meno come quella attuale ma il fondo della fossa è posto quattro metri più in basso rispetto a quello attuale.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

Anche quest’area, come le precedenti sono state studiate da Scherillo et alii (1965;1966) e da Gasparini (1965;1966) verso la fine degli anni sessanta ma si trovano per la fossa Barbata annotazioni ben più antiche. Secondo alcuni Autori, infatti (Scherillo et alii, 1965; Zannini, 2002), Paolo Orosio si riferisce proprio alla Barbata quando parla dell’eruzione gassosa avvenuta nel 276 a.C.. Anche P. Moderni (1887) come Scherillo et alii (1965) la considerano come una bocca vulcanica nell’ambito del Roccamonfina quindi una vera e propria bocca eruttiva. La fossa del Ballerino, come pure la Barbata, vengono infatti definite come forme risultanti dalla sola esplosione gassosa spiegandone così la mancanza di prodotti propri ed asserendo che l’unico risultato sarebbe una trapanazione ed un rimaneggiamento del “Cinerazzo” che è la fase poco coerente dell’Ignimbrite Campana (Del Prete et alii, 2004). Nel lavoro di Scherillo et alii (1966b) si menziona la stratigrafia di un pozzo ubicato sul fianco esterno meridionale della Fossa Barbata: dopo 60m di Tufo Grigio Campano, si incontra prima una lente di 2m di calcare sabbioso e poi ghiaie e sotto sabbie. Del Prete et alii (2004), pur non chiarendo i meccanismi genetici che hanno portato alle forme dell’Agro Falerno le considerano dei sinkhole il cui sprofondamento è avvenuto in più step data la presenza di più superfici terrazzate e sostiene anche, in accordo con altri Autori (Corniello & De Riso, 1986; Forti & Perna, 1986; Corniello et alii, 1999; Forti, 1991; 2002) che esiste una stretta correlazione tra la tettonica recente, le falde mineralizzate, fenomeni di ipercarsismo e collassi di sinkhole.
La presenza di una tettonica anche recente del M. Massico e tutto il sistema di faglie parallelo e ortogonale ad esso, emerso anche da indagini geofisiche (Vallario, 1966) potrebbe quindi aver avuto un ruolo nella formazione delle fosse; un lavoro di Gasparini, (1966) mostra che da analisi gravimetriche emergerebbero dei massimi collegabili a masse calde a poca profondità che avrebbero portato alla risalita di fluidi caldi mineralizzati.

GEOLOGIA DELL’AREA

Dallo studio della carta geologica ufficiale in scala 1:100.000 emerge che tutte le fosse si trovano sull’Ignimbrite Campana e quando gli Autori parlano di Cinerazzo si riferiscono ad una cinerite sanidinica incoerente che comunque rappresenta una facies associata alla I.C. Come si vede dalla Carta, sul fondo della Fossa del Ballerino ci sono le alluvioni, indizio della presenza di acqua almeno nel passato; la fossa Barbata invece negli anni sessanta diveniva periodicamente un laghetto. Ciò è visibile sia da una foto aerea del volo IGM  del 1954, sia da una foto scattata da Scherillo nel 1965.

ANALISI DI CAMPAGNA

La Fossa Barbata si trova in un terreno privato ed è stato possibile accedervi solo grazie alla gentilezza del proprietario. Questi ha raccontato che prima i pozzi dell’area pescavano acqua ad una profondità minore mentre ora il livello di falda si è abbassato e captano a 35m di profondità; considerato che il piano campagna è a 46m, si ha una quota assoluta per il livello di falda di 11m s.l.m.. Del Prete et alii (2004) riferisce per questa fossa la presenza di una falda subaffiorante a circa 29m s.l.m. negli anni sessanta che rendeva la fossa un laghetto. Da Budetta et alii (1994), emerge che la falda era a 15-20m s.l.m. a dimostrazione che il livello sta via via abbassandosi. Il proprietario del terreno, inoltre, ha confermato che le acque sono molto aggressive.


Fossa Barbata nel 1965. Da Scherillo et al, 1965.

Il fondo attuale della fossa è posto a 23m s.l.m. ed è per questo che oggi rimane costantemente asciutto. Scendendo all’interno della Fossa Barbata dal lato sud si osserva una superficie terrazzata costituita da più gradini morfologici riconducibili ad episodi franosi successivi alla formazione della fossa originaria (come verificato anche da Del Prete et alii, 2004); il diametro è quindi cresciuto successivamente.


Fossa Barbata:in primo piano il gradino morfologico, il fondo si trova più a valle.


 Parete che indica la nicchia di distacco della frana. Il materiale è quello tipico dell’Ignimbrite Campana. Foto Caramanna, 2004.

La Fossa della Torre si trova proprio di fronte alla Torre del Ballerino guardando verso nord. Attualmente si ha una forma quasi completamente obliterata dall’attività antropica; restano soltanto alcune pareti relitte della fossa.


La Fossa della Torre evidenziata dal tratteggio. La forma attuale è stata quasi completamente mascherata dall’azione antropica.


CONSIDERAZIONI

Dall’analisi di tutti i dati raccolti e dalle informazioni storiche emerge che non ci sono fattori che possano ricondurre queste fosse ad attività vulcanica o accomunabile ad essa. La presenza di acque aggressive e di livelli cartonatici a poca profondità oltre che di una tettonica profonda che ha permesso la risalita di tali acque, ci porta a ritenere probabile che tali forme siano il risultato di una serie di sprofondamenti.


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FONTE: La presente pubblicazione in uno alle foto e grafici allegati è parte integrante di un più ampio lavoro scientifico dal titolo: Riconoscimento e classificazione di alcune depressioni di origine incerta nell’area vulcanica di Roccamonfina, a cura della dr.ssa Laura Ambu, con la collaborazione della dr.ssa Stefania Nisio e del dr. Giorgio Caramanna.