La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

martedì 14 gennaio 2014

Sul fiume Garigliano: il Real Ponte Ferdinando



Il Ponte visto dalla sponda della provincia di Caserta


Il ponte borbonico "Real Ferdinando" sul Garigliano (1832), è un ponte sospeso situato nei pressi dell'area archeologica di Minturnae (Minturno), sul confine fluviale che dal 1927 divideva la provincia di Napoli dalla provincia di Roma e, a partire dal 1934, dalla nuova Provincia di Littoria; dal 1945 divide la Provincia di Caserta da quella di Latina.

Fu il primo ponte sospeso realizzato in Italia, a catenaria di ferro, e secondo ponte in Europa (ma primo ponte sospeso nell'Europa continentale), dato che il primato assoluto europeo spetta alla Gran Bretagna (1824). Fu esempio di architettura industriale del Regno delle Due Sicilie che dal punto di vista tecnico costruttivo era per quei tempi all'avanguardia in Europa.

Su incarico di Francesco I di Borbone, padre di Ferdinando II, la progettazione fu affidata all'ingegner Luigi Giura, che ne diresse anche l'esecuzione. Sostituì la fragile scafa risolvendo, almeno per un secolo, l'attraversamento del fiume.


Scafa sul fiume
(foto dal web)


I lavori furono iniziati nel 1828 e terminati il 30 aprile 1832: l'inaugurazione alla presenza del re avvenne dieci giorni dopo, il 10 maggio 1832: il sovrano si pose al centro della campata e ordinò che sul ponte passassero due squadroni di lancieri al trotto e ben sedici traini d'artiglieria.

I componenti costruttivi metallici erano stati prodotti nelle ferriere calabresi di Mongiana, di proprietà del generale Carlo Filangieri, principe di Satriano e duca di Cardinale. La spesa fu di 75 000 ducati, a carico del regno.

Il 14 ottobre 1943 la campata fu minata in due punti e fatta saltare in aria dall'esercito tedesco, attestato lungo la linea Gustav e in ritirata verso Roma dopo l'armistizio. Tuttavia i piloni e le relative basi non subirono danni irreparabili.

Il ponte è stato restaurato con un progetto di archeologia industriale finanziato dalla Comunità Europea per il fattivo interessamento dell'europarlamentare Franco Compasso.

Dopo il restauro terminato nel 1998, il ponte è aperto alle visite del pubblico in concomitanza con gli orari del vicino comprensorio archeologico di Minturnae.

da Wikipedia



Vista del Ponte dalla sponda del fiume in provincia di Latina.
Sono visibili in successione anche il ponte ad una campata
costruito dopo la II guerra mondiale ed il ponte strallato sulla variante Anas.

Vista del Ponte 


Una delle sfingi che adornano il ponte

giovedì 26 dicembre 2013

"Sessa Aurunca. Storia della toponomastica", di Giuseppe Parolino



Il volume raccoglie gli studi di Giuseppe Parolino, pubblicati su "Il Mensile Suessano", dal mese di Maggio 1997 e fino al Dicembre dell'anno 2000, in sedici capitoli, di cui gli ultimi tre pubblicati postumi, con il titolo "La Toponomastica di Sessa Aurunca, ossia brani di storia e cronaca locale".
Trattasi di un lavoro di particolare originalità e interesse, in cui l'Autore ha profuso, con un impegno straordinario, la sua ampia cultura della storia locale e il suo profondo amore per Sessa Aurunca.
Scorrendo i vari paragrafi di questo grande affresco, semplificati con gli scarni titoli delle denominazioni stradali del reticolo urbano della Città, si scoprono dimensioni storiche, artistiche, archeologiche,         religiose, amministrative, sociali, tradizionali   e umane,  articolate e imprevedibili, che esaltano, come un crescendo sinfonico, la preziosa tessitura della Città di Sessa Aurunca.

La necessità di poter indicare un determinato luogo con una particolare denominazione, che lo rendesse facilmente ed immediatamente identificabile, ha provocato, nel corso dei secoli, una notevole produzione di toponimi, ancora oggi riprodotti nelle mappe catastali dei fondi rustici e ricordati anche, seppure in numero assai più ridotto, nella toponomastica delle città.
Con riferimento a quest'ultimi in particolare, generalmente essi trovavano ragione nella topografia del luogo o nella sua destinazione d'uso, come ad esempio il mercato o le arti e i mestieri che vi si praticavano, ma anche, com'è per la maggior parte dei casi, nel nome delle famiglie che vi abitavano, negli edifici civili o sacri e religiosi quali il duomo, le chiese ed i conventi, in manufatti come porte, archi e ponti ed anche, in mancanza d'altro, nella presenza di alberi. La sopravvivenza dei toponimi era, come lo è ancora oggi, indissolubilmente legata alla tradizione orale, che provvedeva a trasmetterli nello spazio e nel tempo, ed era altresì condizionata dalle trasformazioni che il loro motivo ispiratore poteva subire per fenomeni naturali o per mano dell'uomo. Infatti, in questi casi, o il toponimo veniva sostituito con un nuovo appellativo che meglio si adattava alla nuova realtà, oppure, pur non trovando più alcun conforto in un riscontro concreto, poteva anche continuare a sopravvivere nella tradizione orale, ma era perciò fatalmente destinato a subire delle corruzioni che, alterandone il significato originario, potevano modificarlo fino al punto da fargli perdere qualsiasi senso e significato logico. 
Li Canzani, Putatore, lo Cieuzo, strada Cetrangolo, Via Ospecina, la Maddalena, l'Ariella, il Macello, Cecasoce, il Semicerchio, le Case Popolari, la Via Nova, il Mercato dei generi, il Mercato Grande, il Mercato, il Mercato dei neri, il Mercato delle ghiande, il Mercatiello, la Piazza, il Cappellone, la Marina, le Croalle, l'Antichità, l'Orologio, la Guardia, le Mura, la Vigna del Vescovo, Gliardiniello, le Cauzelle, la Mandra, Gliumacare, la Portella, San Domenico Vecchio, San Giovanni a Borgo, San Giovanni Grande, largo San Giovanni, l' Ossamorte ecc., sono, per limitarci al nostro ambito cittadino, alcuni esempi concreti di quanto si è appena detto.

Sessa Aurunca, la Portella
Di questo toponimo si ha notizia da un atto notarile rogato il 25 maggio 1592
da Alfonso Picano, relativo all'affitto di un fondo sito "alla Portella seu alle cesine".

Innamorato della propria Terra, Giuseppe Parolino ha inteso ripercorre la storia, recente e meno recente, attraverso una frequentissima, sapiente consultazione di archivi, registri anagrafici, registri parrocchiali, documenti notarili. 

venerdì 20 dicembre 2013

La chiesetta di Aconursi, un piccolo borgo nel comune di Sessa Aurunca

Aconursi (Sessa Aurunca), la chiesa

Aconursi, forse è addirittura inutile cercarlo sulle carte geografiche, sicuramente non lo riportano. E' un piccolissimo borgo nel vastissimo comune di Sessa Aurunca, sulla strada che dai borghi collinari di San Martino e Corigliano raggiunge la statale detta Valle del Garigliano; siamo nel Parco Regionale di Roccamonfina-Foce del Garigliano. 
Ci sono passato stamattina, avevo appena oltrepassato il borgo di Corigliano, sulla mia sinistra era apparsa la sagoma di una piccolissima chiesa di campagna e la curiosità mi ha portato a fermarmi per qualche minuto. 
Un'emozione fortissima,  forse una delle più belle chiesette di campagna incontrate fino ad oggi. 
La porta aperta, una leggera inferriata ostruiva l'ingresso ad animali randagi: sullo sfondo una statua, credo Santa Lucia, sul piccolo altare, ai lati del crocifisso, fiori freschissimi, nessun arredo, uno scarno lampadario al soffitto, il centro della volta decorato di un celeste luminosissimo con una croce e stelle di colore rosso. 
Vi propongo le foto che ho scattato.
Non ho trovato nessuna notizia storica.


Aconursi (Sessa Aurunca), il campanile

Aconursi (Sessa Aurunca), statua di Santa Lucia 

Aconursi (Sessa Aurunca), il decoro del soffitto

Aconursi (Sessa Aurunca), l'arredo della chiesa

domenica 15 dicembre 2013

Il convento di San Francesco a Casanova di Carinola



La chiesa ed il convento di San Francesco

Il chiostro

Luca Wadding, frate, teologo e storico francescano, nell’opera Annales Ordinis Minorum ci informa che il Convento di Casanova di Carinola era già attivo nel 1300. Non lo dice solo lui; lo dicono anche Bartolomeo da Pisa nella sua Lista sui Conventi Francescani, nonché Mariano da Firenze e Francesco Gonzaga, quest’ultimo nella sua opera De conventu S. Francisci Carinolae sive Caleni, 1587, afferma:
Quatuor millibus passuum ad oppido Mondragonio subsistit civitas Carinola sive Calenum: in qua B.P. Franciscus diu habitavit, pluraque miracula edidit: ac presentem conventum, B. Iohanni Baptistae sacrum erexit.
Iscrizione maiolicata plurilingue all'entrata del chiostro

La fondazione del Convento si fa risalire al 1222, anno in cui il frate Francesco intraprese un viaggio nell’Italia meridionale per visitare i suoi frati che in queste zone operavano fin dal 1216 e per recarsi probabilmente al Santuario di San Michele Arcangelo, sul Gargano, di cui era devotissimo.
A Carinola ricevette in dono un luogo per i suoi frati e, secondo la tradizione, lui stesso ne edificò le mura perimetrali per un cimitero. Il luogo fu originariamente dedicato a San Giovanni Battista; solo alla morte del Santo fu intitolato a lui.
Le notizie tramandateci da uno storico di Carinola, il notaio Luca Menna, secondo cui San Francesco rimase a Casanova sette anni, non possono assolutamente essere veritiere poiché, dai documenti sulla vita del Santo, egli risulta presente in altri luoghi nel periodo in cui si presume fosse a Casanova. Tuttavia non è da escludere una sua permanenza abbastanza lunga nella nostra zona, e questo spiegherebbe non solo la presenza della grotta, interamente scolpita in un blocco di pietra, in cui il Santo pregava, ma anche il forte affermarsi dello spirito francescano a Casanova. Tenendo anche conto che, in quegli ultimi anni della sua vita – morirà due anni dopo, il 4 ottobre 1226 - le condizioni di salute del Santo non erano affatto buone, è probabile che sia stato costretto a fermarsi qualche mese.
Approfonditi studi dicono che nel 1347 nel Convento fu confinato Guglielmo da Occam (o Ockham), il frate filosofo e dissidente dell’Ordine, inviso al Papa Giovanni XXII a causa delle sue posizioni dottrinarie, e che ebbe una parte di primo piano nelle controversie dell’Ordine con gli Spirituali e gli Zelanti. Riabilitato dal Papa Clemente VI, Guglielmo fu spedito dal Generale dell’Ordine, anche lui Guglielmo Farinier, a fare aspra penitenza in questo nostro sperduto Convento dove morì tra il 1349-50 e dove fu sepolto. Il suo corpo fu solo in seguito portato a Capua, nella Chiesa dei Conventuali. Sempre il frate Francesco Gonzaga, infatti, afferma:
Hoc denique in conventu, quem, ab aeris insalubritatem, 12 tantum fratres inhabitare soliti sunt, doctissimus P. Occham, subtilissimi Doctoris Scoti olim discipulus, mortem obiit, sepultus est.
L'affresco nel refettorio

Nel 1459 il nostro Convento fu visitato da San Bernardino da Siena di ritorno da Roccamonfina, dove si era recato in visita alla Madonna dei Lattani, e nel 1475 da S. Giacomo della Marca, il quale venne a Carinola per guarire il re Ferdinando I d’Aragona, venuto a caccia e ammalatosi gravemente.
Nel corso dei secoli, il Convento ha subìto diversi interventi di ampliamento e ristrutturazione, a cominciare dal chiostro (1400), per finire a parti più recenti ad opera del Principe di Stigliano (1500), nonché alle ristrutturazioni intraprese da p. Cristofaro Bovenzi negli anni 60-70 e che l’hanno proiettato verso la definitiva salvezza dopo decenni di incuria.
Da documenti d’archivio risulta che il Duca di Casanova, Bernardo di Lorenzo, nobile sessano investito a tal ruolo dai Marzano (presumibilmente prima del 1469), fece costruire la Cappella in tufo grigio, dedicata a S. Maria delle Grazie, tuttora visibile alla sinistra della navata centrale, e corrispondeva ai frati 20 ducati annui.
Altre rendite, probabilmente in natura, provenivano dall’affitto di numerose moggia di terreno di cui il Convento era in possesso.
Il Convento fu abitato costantemente da una notevole comunità di Frati Minori Osservanti fino al 1813, anno in cui Gioacchino Murat rese esecutiva la legge sulla soppressione degli ordini mendicanti francescani.
Riaperto da Re Ferdinando II su pressione del popolo, fu nuovamente chiuso da una legge del Regno d’Italia nel 1861 e di nuovo riaperto nel 1948 da una comunità di Frati minori i quali tuttora ne detengono l’esercizio del culto.


Convento di San Francesco: antico portale in pietra