La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

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lunedì 3 ottobre 2022

La Villa romana della Starza, un'occasione mancata



Mondragone, villa romana in località Starza 

con il sovrastante Casino di caccia borbonico





L’Appiaday, la giornata dedicata alla Regina viarum, cioè l’Appia antica, che si è tenuta ieri ha avuto un autentico successo, consentendo ai numerosi cicloturisti, e non, partecipanti di conoscere ed apprezzare alcune delle bellezze e consistenze archeologiche che costellano il territorio di Mondragone, da san Giustino a Tre Colonne, e poi dal Triglione fino al parco Archeologico in località Cimitero, passando dalla villa con l'omonima chiesetta di san Rocco, oggi rinomata ed apprezzata struttura ricettiva.

Peccato che non si sia potuto ammirare ed apprezzare uno dei gioielli più belli e per di più a pochi metri dal selciato riportato alla luce dell’Appia,  la villa romana della Starza, uno degli esempi meglio conservati di ville rustiche dell’Ager Falernus

La struttura della villa della Starza si articola in molteplici corpi di fabbrica con murature in opus incertum.


Mondragone, pianta del criptoportico in località Starza

(da Prospettive di memoria. Testimonianze archeologiche dalla città e dal territorio di Sinuessa, 1993)


Nella parte rivolta a sud un criptoportico, parzialmente ipogeo, che si presenta come un podio di grandi dimensioni, a pianta pressoché regolare articolata su tre bracci, all’interno dei quali si sviluppa la pars rustica della villa. Dal braccio più lungo si accede ad una cisterna della lunghezza di circa 14 metri, interamente rivestita in cocciopesto e su una parete i resti di un filtro per la depurazione delle acque.





Mondragone, località "Starza"

©Salvatore Bertolino 

(le arcate prima del crollo, foto febbraio 2012)




Mondragone, località "Starza"

©Salvatore Bertolino 

(le arcate prima del crollo, foto febbraio 2012)


Nella parte rivolta a nord, invece, i resti, oggi non più visibili a causa della folta vegetazione di quello che era l’acquedotto che adduceva l’acqua alla villa rustica.

Fino a qualche anno fa residuavano due arcate, penso di aver scattato ad esse le ultime foto (febbraio 2012), prima che nel novembre dello stesso anno uno degli archi, a causa della mancata manutenzione e degli eventi climatici, crollasse.

 



Mondragone, località "Starza"

©Salvatore Bertolino 

(arcata crollata, foto febbraio 2012)


Mondragone, località "Starza"

©Salvatore Bertolino 

(arcata residua, foto febbraio 2012)



Una denuncia, partita dall’Archeoclub di Mondragone a mezzo dell’allora Presidente Michele Russo,  della particolare  situazione di degrado e di abbandono che stava minando uno dei gioielli archeologici della città: i resti dell’acquedotto lungo la via Appia antica del criptoportico in località "Starza", rimase inascoltata.

A tutt’oggi non siamo a conoscenza se la Soprintendenza Archeologica di Caserta abbia provveduto al recupero del materiale dell’arcata caduta per evitare che un'importante testimonianza archeologica del nostro territorio scompaia per sempre.

martedì 20 settembre 2022

La Venere o Afrodite da Sinuessa


Venere o Afrodite da Sinuessa



Venere o Afrodite da Sinuessa

Ancora qualche giorno e la Venere di Sinuessa, o Afrodite, farà ritorno a casa, cioè il MAN –Museo Archeologico di Napoli-, in attesa di partire per qualche nuovo prestito. Sono passati i tempi in cui era esposta a far bella mostra di sé nella sala del Toro Farnese.

Acefala, priva degli arti superiori, la scultura è in marmo proveniente dalle cave dell'isola di Paro in Grecia, con un'altezza (la sola figura) di m. 1,75.  

"In antitesi al tipo muliebre di media statura, rappresentato dalla maggior parte delle Afroditi ellenistiche, quali la Medici, la Capitolina, quella da Cirene ed altre, la statura maggiore del naturale della (Afrodite) Sinuessana sembra corrispondere all'ideale omerico della divinità, ed all'ideale femminile dell'arte classica"


Gennaro Pesce, L'Afrodite da Sinuessa, 1939, p.9



E’ la seconda volta che questa importante opera di scuola ellenistica rientra nella Città che la vide tornare, fortuitamente, alla luce dopo quasi due secoli durante i quali era rimasta sepolta ed avvolta dall’oblìo; la prima volta nel 2006, per alcuni mesi, e quest’anno, 2022, per circa due mesi durante i quali ha visto un notevole afflusso di pubblico suscitando un grande interesse. 

 


Venere o Afrodite da Sinuessa


Venere o Afrodite da Sinuessa


Mi piace pensare che in un futuro non tanto lontano, e per interessamento dei nostri amministratori, la Venere possa fare un definitivo ritorno a casa. 

Ciò alla luce del progetto “100 opere tornano a casa”, fortemente voluto dal ministro Dario Franceschini, per promuovere e valorizzare il patrimonio storico artistico e archeologico italiano conservato nei depositi dei luoghi d’arte statali, un progetto a lungo termine che mira a valorizzare l’immenso patrimonio culturale di proprietà dello Stato.

Un “ritorno a casa”, nel luogo in cui fu rinvenuta, per integrare le collezioni del Museo Civico Archeologico “Biagio Greco”  e per dar vita ad accostamenti interessanti capaci di favorire l’apertura del Museo verso nuovi pubblici.


Ecco come ci descrive il ritrovamento Gennaro Pesce nella sua monografia L'Afrodite da Sinuessa, anno 1939

 

Questa scultura fu scoperta fortuitamente il 25 gennaio 1911 da due contadini che dissodavano la terra per piantare una vigna, nel podere detto Casella di Schiappa, situato a due chilometri in linea d’aria a nord dell’abitato di Mondragone, sulle pendici occidentali del monte Petrino, a circa 80 metri sul mare nella contrada detta Monte Vergine o Colombrello.
Tale podere copre le rovine di antiche costruzioni, che presentano i caratteri tipici di un impianto di villa romana, forse degli ultimi tempi repubblicani, elevata sul declivio di una collina dominante la via Appia, in posizione amenissima, ben riparata dai venti, rivolta a mezzogiorno, prospiciente la pianura sinuessana e il mare, con terrazze digradanti a scaglioni, delle quali almeno una, la più vasta, doveva esser cinta da porticati. In fondo a questa terrazza, alla profondità di circa 60 centimetri dal piano di campagna, il piccone di un contadino colpiva un pezzo di marmo, asportandone delle schegge. Insospettito dalla presenza e dall’aspetto di una pietra, insolita per quei terreni, il bravo giovane si diede cautamente ad isolare il pezzo, liberandolo dal terriccio. Appariva così il torso nudo di una grande statua muliebre; trovandosi collocata obliquamente nella terra, le spalle in alto, queste inevitabilmente ai primi colpi dello ignaro sterratore. Il tronco, acefalo e senza braccia né gambe, poggiava obliquamente sopra un altro gran pezzo di scultura, rappresentante due gambe panneggiate. Si trovarono, inoltre, frammenti di braccia e di mani; e lo scopritore ricorda di aver notato che perni di ferro erano incastrati in alcuni di quei monconi, internamente, nel senso della lunghezza. La testa non si trovò.
………………

Avvertito dal sindaco di Mondragone, il soprintendente Spinazzola inviava sul posto, il 13 febbraio, l’ispettore Macchioro il quale, probabilmente a causa delle incrostazioni calcaree, onde erano rivestiti alcuni dei frammenti marmorei, e specialmente il torso muliebre nudo, non potè procedere subito, in quella prima visita, ad una esatta valutazione delle sculture e le lasciò in temporanea custodia allo Schiappa, proprietario del podere, proponendosi di esaminarle accuratamente e magari di estendere le ricerche archeologiche in quel terreno, in una seconda visita da farsi il più presto possibile.




L'Afrodite da Sinuessa
Monografia di Gennaro Pesce, 1939

sabato 6 febbraio 2021

"La Chiesa vecchia" a Sant'Andrea del Pizzone

“Alcune chiese si suole dire che appartengono 
alla categoria minore per i caratteri di 
estrema semplicità costruttiva e formale, 
ma certamente esse risultano più vicine 
alla dimensione umana che non
 i grandi modelli architettonici.”

 



Sant'Andrea del Pizzone di Francolise. Santa Maria delle Grazie o Chiesa vecchia 

  

La chiesa, dedicata a S. Maria delle Grazie, si apre nella piazzetta denominata “Chiesa Vecchia”. 

La semplicità e la povertà sono caratteristiche peculiari di questa chiesa. L’ubicazione del manufatto, a margine della strada e a confine con la campagna, ne fa un esempio molto suggestivo per la sua struttura architettonica ad unica navata absidata con campanile in facciata, inusuale nella tipologia costruttiva locale. La chiesa è preceduta da un ampio sagrato che è stato di recente realizzato in basolato vulcanico con inserti di pietra bianca locale. 

La facciata, orientata a est, colpisce per la semplicità e l’eleganza della struttura architettonica che presenta, oltre alla porta d’ingresso, solo due semplici finestre schermate da inferriate. Nel lato esposto a sud, privo di intonaco, si nota una teoria di archi realizzati in tufo vulcanico. 

Caratteristico è il campanile sotto il quale si transita per accedere in chiesa; esso è sorretto da quattro colonne quadrate poggianti su dei basamenti in pietra. All’interno, questa piccola chiesa di campagna, che si sviluppa in senso longitudinale, presenta l’aula liturgica idealmente divisa dalla parte presbiterale da un salto di quota in corrispondenza dell’arco centrale che funge da appoggio alla copertura in legno. Sia sulla parte absidale sia sulle pareti della navata sono presenti brani di pregevoli decorazioni a fresco. In particolare si nota una teoria di Santi nell'abside. Altre figurazioni si trovano sulle pareti perimetrali, ma gran parte di esse sembrerebbe essere al di sotto dello scialbo. 

La copertura è costituita da un’orditura principale in travi di castagno e da un’orditura minore su cui appoggiano le tegole alla napoletana, ben visibili anche dall'intradosso.




















Testo dal web
Foto: Salvatore Bertolino

venerdì 22 gennaio 2021

Mondragone. La Street Art

Un muro non è mai soltanto un muro,

ma un accumulo di vita.




Parcheggio comunale, Muro orientale

Opera realizzata il 24 febbraio 2024 in occasione della manifestazione 

#FreePalestine



Parcheggio comunale, Muro orientale

Opera realizzata il 24 febbraio 2024 in occasione della manifestazione 

#FreePalestine



Parcheggio comunale, Muro occidentale

Opera realizzata il 24 febbraio 2024 in occasione della manifestazione 

#FreePalestine



Parcheggio comunale, Muro orientale

Opera realizzata il 24 febbraio 2024 in occasione della manifestazione 

#FreePalestine




Tra Mondrian e Miro' i nuovi colori allo Skate Park




Tra Mondrian e Miro' i nuovi colori allo Skate Park




Tra Mondrian e Miro' i nuovi colori allo Skate Park





Skate Park Mondragone


Stencil di Frida Khalo allo Chalet Cin Cin

Stencil di Albert Einstein e Charlie Chaplin 











La Street Art da qualche anno si è andata sempre più consolidando, anche a livello internazionale, come espressione artistica protagonista della Città contemporanea. Tale forma d'Arte è capace di generare differenti modi di appropriazione dello spazio pubblico e, al tempo stesso, rivelare la molteplicità delle dinamiche sociali insite nello spazio urbano.

Ed è proprio nella strada (street) che tale espressione artistica ha trovato il supporto ideale passando dalla tela ai muri vergini e spesso abbandonati delle periferie urbane, stabilendo una connessione indivisibile tra arte e luogo, tra artista e individuo. 

L’origine di tale forma d’Arte può comunque essere fatta risalire agli anni settanta nella città di New York.


Il murales dedicato ad Antonio Taglialatela "Folle" per il Folle Fest 2019


Dopo essere stata guardata con sospetto per anni, quando non apertamente criticata, la Street Art oggi viene anche utilizzata per dare nuova linfa a periferie degradate e zone da rilanciare.

L’interesse pubblico per “l’arte di strada” è esplosa intorno al 2000, grazie anche agli stencil di Banksy. 


Il fenomeno ha assunto una tale portata globale che si stanno creando quasi ovunque veri e propri percorsi che permettono di trovare e visitare queste “rotte dell’arte” che, molto spesso, si collocano fuori dai classici itinerari turistici.

Niente corridoi con illuminazioni ad hoc e file chilometriche per entrare, l’ultima frontiera dell’arte contemporanea sono i “Musei a cielo aperto”.

 

Testo dal web, liberamente adattato










    



 

mercoledì 28 marzo 2018

I Riti penitenziali: la Settimana Santa a Sessa Aurunca



Vivere la Storia, diventare protagonista
cogliendo l'essenza di un'antica professione di fede.
Sulle note di un vetusto canto
sfilano i penitenti perpetrando un rito secolare.
Sessa Aurunca diviene così il teatro di una storia
affascinante dove Fede, passione e spiritualità popolare
si fondono in un unico e straordinario evento.















domenica 1 ottobre 2017

Luci e Colori della Natura. Mostra di Fotografia Naturalistica a cura di Giuseppe Russo


Avrebbe voluto usare per questa mostra il titolo “La natura sfida il degrado nella terra dei fuochi”, ma non l’ha fatto,  Giuseppe Russo ha voluto rappresentare, con le sue opere, un momento di riscatto e di speranza. Le sue foto provengono perlopiù da Lago Patria, Soglitelle, Regi Lagni, Oasi dei Variconi, posti conosciuti, attraverso i media, proprio come Terra dei Fuochi, ma che attraverso le opere che Giuseppe ha prodotto e messo in mostra assumono un diverso connotato: non più "terra dei fuochi", ma Terra di speranza e di riscatto.
"L’osservatore viene trasportato nei luoghi e nelle situazioni ambientali e di vita, che Peppe ha fermato e immortalato nei suoi scatti, e diventa attore, quasi parte integrante di un’alba, di un tramonto, della riva di un fiume o di una sorgente. Un’altra sensazione che si scatena nell’osservatore attento, attraverso la macrofotografia di Peppe è la partecipazione al volo di una piccola farfalla o di un insetto. Le foto di Peppe sono frutto di una tenace e paziente attesa prima del momento cruciale, dell’attimo dello scatto o degli scatti multipli, con effetti straordinari."






Peppe Russo si racconta così: “Amo svegliarmi alle prime luci dell’alba, uscire ed assistere alla nascita di un nuovo giorno, osservare e fotografare i paesaggi con le loro spettacolari cromie, la fredda luce della notte che lascia il posto ai timidi caldi raggi del nuovo sole, uno scenario spesso surreale di luci ed ombre avvolto da un silenzio scalfito dal cinguettio degli uccelli, dallo scatto dell’otturatore. Amo camminare nei prati all’alba, gustare il profumo dell’erba bagnata dalla rugiada, sentire la leggera brezza del vento sulla pelle, fotografare i fiori selvatici ancora bagnati, osservare il volo libero e naturale di una farfalla aspettando che dolcemente si posi, per catturarne la bellezza, l’eleganza e la viva varietà dei suoi colori. Amo la macro-fotografia, la possibilità di scrutare nel microscopico mondo della natura, ricco di bellezze e racchiuso anche solo in qualche metro di verde, cose che il vivere quotidiano ci fa spesso ignorare …”


Il sogno futuro di Peppe Russo è il Wildlife  “… uscire, trovare luoghi frequentati da uccelli, studiare gli habitat, le abitudini degli animali, appostarsi per poi ritrovarsi davanti un soggetto nel suo contesto naturale e indisturbato, cogliere quell’attimo che non si ripeterà mai più …”
Per l’autore la mostra ha anche una finalità educativa “… condividere la passione per la natura, promuovere i luoghi dei nostri territori attraversati da milioni di uccelli migratori nelle loro rotte tra Africa ed Europa … ”, rappresenta un motivo di rabbia e di protesta per “ … questi nostri territori tanto martoriati in cui alcune rare specie di volatili trovano anche l’habitat per la nidificazione …”.


Grazie, Giuseppe, autentico interprete e testimone della "Cultura del Territorio"!

La Mostra si è tenuta a Volla (Napoli) Centro commerciale "SeDiciCasa" nei giorni 29-30 settembre e si è chiusa oggi 1 ottobre 2017.

sabato 23 settembre 2017

Hand made: nel laboratorio di un ceramista a Cascano di Sessa Aurunca



Una bella esperienza quella vissuta stamattina (23 settembre 2017), insieme all'amico musicista-fotografo Cosimo Antitomaso, nel laboratorio di ceramica di Fulvio Vellone a Cascano di Sessa Aurunca. Fulvio è oggi l'ultimo dei ceramisti in attività a Cascano, complice certamente la crisi che attanaglia tutto il settore dell'artigianato in Italia. Un'arte, la ceramica, che affonda le sue radici addirittura nel periodo arcaico, terra di Ausoni questa al confine con quella dei vicini Sidicini stanziali a Teanum. E proprio a Teano sono state ritrovate in una necropoli risalente al IV secolo a.C. vasi a vernice nera firmati non solo con il nome del vasaio che li aveva realizzati, ma recanti addirittura la menzione del luogo di fabbricazione: "upsatuh se Tianei" operati sunt Teani, ovvero fatti a Teano.
A Mondragone ancora oggi chiamiamo i tegami "tianiegli", cioè di Teano!!
Successivamente la produzione dovette spostarsi nella vicina Gallicanum, oggi Cascano. Ed infatti da sempre il toponimo Cascano evoca la produzione locale di prodotti in creta o terracotta: cannate, mummoli, pignatielli e tegami (tiani) di varia e pregevole fattura.   



Fulvio ci ha illustrato tutte le fasi della lavorazione della ceramica.
E' un lavoro che richiede molta fantasia, creatività e, soprattutto... molta pazienza. La materia prima utilizzata nella bottega del ceramista è la creta. Per fare un vaso bisogna amalgamare bene la creta, che una volta era estratta dai terreni locali per cui doveva essere sgrassata con segatura di legno e combustibili minerali e successivamente depurata con vari passaggi in acqua. Oggi la creta già pronta arriva da Salerno, è un impasto omogeneo con il quale si formano dei cilindri e quindi dei panetti che vengono messi sul tornio dove le mani abili dell'artigiano modellano vasi di varie forme e dimensioni che, fatti asciugare, vengono poi infornati. Terminata la cottura si aspetta che si raffreddino e si passa alla fase della pittura e qui la fantasia non ha limiti.