La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

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giovedì 27 agosto 2015

Mondragone. IV edizione di Lumina in Castro sulla Rocca Montis Dragonis

Lumina in Castro 2015. 
Locandina

Appena quattro anni di vita e già si presenta come una delle manifestazioni più attese nel panorama degli eventi che si svolgono a Mondragone, parliamo di Lumina in Castro, un progetto nato nel 2011, che anche quest’anno con la collaborazione tra il Comune di Mondragone, il Museo Archeologico “Biagio Greco e la Parrocchia di san Michele arcangelo extra moenia, si propone di valorizzare il complesso archeologico della Rocca Montis Dragonis, importante sito storico e culturale, oggetto da dodici anni di campagne di scavi finanziate dalla Città di Mondragone e condotti da importanti Università italiane. 
Per approfondimenti sul sito è possibile visitare:

Rocca Montis Dragonis  che si erge maestosa sulla vetta del Petrino sarà  la protagonista indiscussa della IV edizione di Lumina in Castro, dal 3 al 6 settembre prossimo.


Rocca Montis Dragonis


I partecipanti a Lumina in Castro suddivisi in due gruppi, per ciascuna delle quattro serate, dopo aver raggiunto con mezzi propri il campo di ristoro allestito in località “Passata”, muniti di torce elettriche dagli organizzatori, raggiungeranno la Rocca percorrendo un sentiero naturale, sotto la guida di operatori della Protezione Civile. Giunti sul promontorio potranno apprezzare la maestosità della Rocca Montis Dragonis, dinanzi a un panorama che spazia da punta Campanella fino al promontorio del Circeo.
Grazie alla complicità del paesaggio, colto nelle ore notturne, e agli spettacoli teatrali e di danza, la Rocca apparirà ai presenti in tutto il suo splendore, accentuato dalla proiezione di alcuni video scelti per l’evento, non a caso denominato 

LA ROCCA SULLE ORME DI PERSEO:  LE STELLE RACCONTANO IL MITO



Rocca Montis Dragonis


Gli organizzatori invitano a visitare la pagina del progetto (FAI Fondo Ambiente Italiano) “I luoghi del Cuore”: 



accedendo ad essa, sarà possibile esprimere il proprio voto a favore della Rocca Montis Dragonis e, quindi, sollecitare le Istituzioni locali e nazionali competenti affinché riconoscano l’interesse dei cittadini verso la Rocca Montis Dragonis e mettano a disposizione le forze necessarie per il suo recupero.

domenica 1 febbraio 2015

Alla scoperta del territorio: il Parco regionale Roccamonfina-Foce del Garigliano




Il Parco Regionale Roccamonfina-Foce del Garigliano, situato nel cuore della Regione Campania, si estende per circa 9.000 ettari, tra i territori del basso Lazio e del Molise. Comprende i comuni di Sessa Aurunca, Teano e cinque centri della Comunità Montana Monte Santa Croce, Roccamonfina, Galluccio, Conca della Campania, Marzano Appio e Tora e Piccilli.
Il Parco è sovrastato, come per proteggerlo, dall'apparato vulcanico del Roccamonfina, più antico del Vesuvio, di cui ricorda forma e maestosità, costituito da una cerchia craterica esterna larga mediamente 6 km, definita nei punti più alti dal Monte Santa Croce (1005 m) e dal Monte Lattani (810 m) e da alcuni coni vulcanici con profilo a cupola semisferica, quali Monte Atano (Casi - Teano), Colle Friello (Conca della Campania), Monte Ofelio (Sessa Aurunca).




Rocce dalle forme curiose e uniche ricordano la passata attività vulcanica dell'area, oggi ricoperta da coltivazioni di castagni, uliveti e vigneti. 




Lo sviluppo rigoglioso del castagno è stato favorito, nel tempo, dalla composizione mineralogica dei suoli lavici del Roccamonfina, ottimale per le esigenze nutrizionali di queste specie.
Nei castagneti è possibile ammirare le splendide fioriture primaverili di crochi, ranuncoli, primule, anemoni e viole. Di grande suggestione le molteplici varietà di orchidee che attirano ogni anno numerosi      studiosi    e appassionati.
La natura prende vita là dove prima dominava il fuoco. È strabiliante come sia ricco e folto il sottobosco anche nel periodo autunnale, quando è popolato da numerose specie di funghi, tra cui l'ovolo buono ed il porcino, di grande pregio commerciale e gastronomico.
Fiori, piante ed animali sono i veri guardiani di questi luoghi.
La ricca avifauna di montagna comprende esemplari quali il cuculo, il picchio, la civetta, l'allocco ed il gufo comune, mentre nella parte collinare troviamo il merlo e il corvo. Il Parco ospita esemplari rarissimi e di grande interesse, come l'airone rosso, e i più comuni gufi di palude, falchi pescatori e cicogne bianche.
Testimonianza della funzionalità dell'ecosistema dell'intera area e del suo stato di salute è la presenza di una fauna omitica, che comprende numerose popolazioni nidificanti di poiana e gheppio, predatori    ai vertici delle reti alimentari.
I boschi del vulcano di Roccamonfina costituiscono un rifugio ideale per gli animali: qui, infatti, la volpe, il cinghiale, il tasso, la faina, la lepre e molteplici altre specie di piccoli mammiferi vivono isolati e al sicuro.
Lontano dall'uomo, ovunque domina la tranquillità e soprattutto la natura.


Camminando lungo i sentieri, gli unici suoni che si sentono sono il cinguettare dei tanti uccelli, il vento che smuove le fronde degli alberi e lo scrosciare in lontananza di acqua fresca e veloce che scende dalle sorgenti.



L'intero territorio è ricco d'acqua che ne ha plasmato la morfologia. Il Fiume Garigliano, ad esempio, attraversa il Parco, e scava il suo letto tra i terreni vulcanici del Roccamonfina ed i terreni calcarei dei Monti Aurunci.




Nasce dalla confluenza del Fiume Liri con il Fiume Gari o Rapido, ha acque profonde  e corrente veloce. Il suo serpeggiante percorso è addolcito dalla presenza di robusti pioppi e salici sugli argini. Percorrendo le sponde, comprese nel perimetro del Parco, si giunge facilmente sino alla foce e nella splendida Pineta di Baia Domizia Nord. Oltre al Garigliano, i due corsi d’acqua più importanti sono il fiume Savone ed il fiume Peccia.
Ad amplificare la bellezza di questi luoghi, lungo il corso dei fiumi, concorrono ruderi d’antichi mulini e frantoi che, dallo scorrere veloce ed inarrestabile dell’acqua, traevano l’energia per azionare le pesanti macine di pietra lavica.





Il testo è tratto dalla pubblicazione: 
Parco Regionale Roccamonfina Foce Garigliano, 2008

venerdì 30 gennaio 2015

Itinerari: verso il Santuario di Maria SS. dei Lattani a Roccamonfina



Per una comoda strada, fra castagni secolari e deliziosi borghi medievali, dal centro di Roccamonfina (m. 612) attraverso paesaggi stupendi, si sale verso la frazione Gallo, un modesto e tranquillo aggregato di case antiche, piene di storia e di testimonianze archeologiche; lungo il cammino ci vengono incontro luoghi d'arte di valore assoluto intrisi di memorie popolari, saperi e sapori antichi.
Rocce dalle forme curiose e uniche ricordano la passata attività vulcanica dell'area, oggi ricoperta da coltivazioni di castagni, il cui sviluppo rigoglioso è stato favorito nel tempo, dalla composizione mineralogica dei suoli lavici ottimale per le esigenze nutrizionali di questa specie.



Un territorio che cattura l'anima attraverso spazi, colori e sapori senza eguali, capaci di offrire al visitatore un'occasione unica per riscoprire le gioie della natura ed il piacere del buon vivere. 






Lungo la strada si possono ammirare straordinarie testimonianze storiche, che raccontano di un passato fatto di fede e di ingegno architettonico.




A Giglioli, un modesto gruppo di case, si può osservare un palazzo nobiliare con il blasone di coloro che lo abitarono ancora in bella mostra sul portone nobile e...  




quasi di fronte su di una casa di campagna una nicchia con una Madonnella di strada, di quelle che danno compagnia ai viandanti ed ai pellegrini nella salita verso il Santuario.



Nella frazione Gallo (m. 705) è possibile ammirare e visitare la Chiesa parrocchiale con il suo caratteristico campanile con la  cella campanaria ottagonale ed il sovrastante cuspide. 
La chiesa con interno a tre navate conserva un piccolo tabernacolo dell’olio santo del 1633.



Dalla frazione Gallo, proseguendo lungo la strada che porta ai monti Lattani, fiancheggiata dalle stazioni della Via Crucis, si arriva al quattrocentesco santuario di Maria SS. Dei Lattani (m. 765), in un luogo solitario e suggestivo, meta di numerosi pellegrinaggi.



Il santuario fu fondato nel 1430 da san Bernardino da Siena e da san Giacomo della Marca. 

giovedì 8 gennaio 2015

Il Real Ponte Ferdinando sul Garigliano in un francobollo di Poste Italiane




Nel 1828-32 Luigi Giura Costruisce il ponte sospeso a catene di ferro sul Garigliano, un gioiello dell’ingegneria Napoletana, alla pari con la migliore tecnologia Europea. Con esso la strada di Roma supera il grande fiume del Mezzogiorno e unisce Roma a Napoli. Molte sono le ragioni che concorrono alla buon uscita dell’opera e tra esse la competenza degli ingegneri Napoletani organizzati nel Corpo dei Ponti e Strade, acquisita nella Scuola di Applicazione e nella consuetudine di lavoro collegiale. In tutta la piana, dai Ricorrenti di Suio al mare, specie nel punto in cui è attraversato dalla strada di Roma, il Garigliano ha un corso torrentizio con acque spesso travolgenti e minacciose, una grande sezione trasversale e un fondo compressibile, che rende difficili solide fondazioni alle pile ed alle spalle di un ponte stabile e duraturo. E’ opportuno evidenziare l’importanza del ponte e del suo recupero con un mirato intervento di archeologia industriale, del quale Luigi Giura e il fratello Rosario sono stati insigni protagonisti. Non a caso Luigi Giura sarà stretto collaboratore di Garibaldi, dopo il suo ingresso a Napoli. Non a caso l’epigrafe che lo ricorda nel recinto degli uomini illustri del cimitero monumentale di Napoli reca la firma di Matteo Renato Imbriani e quella apposta sulla facciata della casa avita in Maschito reca la firma di Giustino Fortunato.

Al Real Ponte Ferdinando, Poste Italiane spa su autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico, lo scorso 25 ottobre ha dedicato un francobollo nell'ambito della serie tematica "il Patrimonio artistico e culturale italiano". Nella serie oltre a quello dedicato al ponte, altri tre dedicati a Villa Nobel di Sanremo, Capanne celtiche di Fiumalbo e Costa dei Trabocchi.






lunedì 28 gennaio 2013

Il lago di Falciano ed altre depressioni dell'agro Falerno


Il lago di Falciano

Agro Falerno


L’agro Falerno è quell’area che va da Mondragone a Carinola ed in cui si trovano il lago di Falciano del Massico, le Fosse Barbata, del Ballerino e della Torre qui studiate. Questa zona pianeggiante è bordata da rilievi cartonatici e vulcanici ed è famosa fin dall’epoca dei Romani per la produzione del vino.
Le aree studiate sono evidenziate nella foto.

Parziale del fotogramma 2579 del volo Italia dell’IGM del 1954 (striscia 1 Foglio 172). Sono evidenziati il lago di Falciano (in verde), la Fossa Barbata (in rosso), la Fossa del Ballerino (in azzurro), la Fossa della Torre (tratteggio blu), la Fossa Annunziata (in arancio) e La Valla (tratteggio giallo).

Lago di Falciano del Massico, Fossa Annunziata e La Valla


Il lago di Falciano del Massico, già lago di Carinola, si trova nell’omonima pianura a sud dell’edificio vulcanico di Roccamonfina. Gli altri rilievi circostanti sono la dorsale di Monte Massico a nord-nordovest e quella di Monte Maggiore ad est. 
Questo lago di circa 96.000 m2 ha oggi una forma irregolare dovuta ad opere antropiche e alla creazione di un canale immissario (Rio Fontanelle) ed uno emissario (Rio Forma) già dall’epoca dei Borboni. Attenendoci alla tavoletta IGM al 25000 chiamiamo Fossa Annunziata posta più a nord la forma circolare e La Valla quella che oggi è solo una paleoforma relitta con due pareti verticali e le altre due completamente spianate dall’attività antropica come evidente dall’analisi stereoscopica. La Fossa Annunziata, sulla carta topografica al 100000 non compare mentre è presente La Valla. A tale proposito ipotizziamo che i due toponimi indichino in realtà la stessa fossa.
La fossa Annunziata sulla carta geologica al 100.000 appare come uno specchio d’acqua mentre oggi si presenta con una forma di base ancora circolare ma alcune pareti sono state obliterate dall’azione antropica che le ha livellate portando l’ingresso della cavità a livello di una strada sterrata posta alla stessa quota del fondo della cavità. Appare difficile ora riconoscere la forma originaria visibile su carte del passato e foto aeree in cui si constata la presenza di pareti subverticali.

Rilievi cartonatici di Monte Massico poco lontani dal lago. La foto è orientata verso NW. 
Foto di Caramanna G, 2004.


ANALISI STORICA

L’analisi storica di quest’area è stata possibile grazie all’esistenza di alcuni lavori di tipo archeologico condotti su questa zona. Alcuni autori citati in questo capitolo (Scherillo et alii, 1965; Zannini, 2001), fanno infatti riferimento allo scrittore latino-cristiano Paolo Orosio che nel 417 d.C. scriveva che nel 276 a.C. (quindi circa 600 anni prima) nella zona di Cales (odierna Carinola) si aprì una voragine improvvisa e grandi fiamme arsero per alcuni giorni. L’autore Ugo Zannini (2001), nel suo volume sul Comune di Falciano del Massico, sostiene che la traduzione fedele dal testo originale suddetto pone dubbi sull’ubicazione esatta di questo luogo: pertanto l’evento potrebbe in realtà essere avvenuto un po’ più ad ovest dell’attuale Lago, nella Fossa Barbata, o un po’ più a nord nella Fossa Annunziata anche considerando le dimensioni cui il testo storico fa riferimento. L’autore cita anche un’altra fonte per individuare la nascita del lago: nel Grande Archivio di Napoli ci sono sei volumi dal titolo “Regii Neapolitani Archivi Monumenta” in cui si parla di un “lago di Sancte Christine” nel territorio di Carinola nel 1105. Zannini nell’analizzare due carte storiche della Provincia di Terra di Lavoro, una del 1613 di Cartaro e l’altra del 1616 eseguita dal Baratta e dal Fontana ha visto che nella prima il lago non compare nonostante il dettaglio con cui essa è stata disegnata mentre nella seconda, tematica, il lago c’è. L’assenza di informazioni sul lago da scritti di epoca romana fa presupporre una sua più recente formazione; infatti, questa zona già all’epoca era famosa per i vini pregiati (Zannini, 2001).
La fonte storica più recente è la Carta topografica dell’Istituto Topografico Militare. del 1875 che mostra sì il lago, ma con una forma diversa e con un areale maggiore; questo indica che l’immissario attraverso il suo carico solido lo ha parzialmente interrato. In questa carta, inoltre, il toponimo di Santa Cristina non compare. Tale toponimo è invece presente nella tavoletta topografica al 25.000 dell’IGM in cui è visibile una Masseria S. Cristina a NE dell’attuale Lago.

FONTI BIBLIOGRAFICHE 


Il lago in esame assieme alla Fossa Annunziata sono evidenziati anche nella figura appresso pubblicata.



Stralcio dalla tavoletta IGM 172 III NW con ubicazione del Lago di Falciano (in verde) della Fossa Annunziata (in arancio) e di La Valla (in giallo). In rosso si evidenzia la tettonica ricostruita dalle foto aeree del volo IGM del 1954.

Secondo Scherillo (1965), Scherillo et alii (1966) e Gasparini (1966) il lago in esame, così come le altre cavità  vengono definiti “maaren” ossia “crateri” di esplosione puramente gassosa in cui non si è avuta, o quasi, alcuna emissione di prodotti, e non si ha un anello sopralevato; tale assenza pone comunque il ricercatore in dubbio sulla reale origine del lago di Falciano anche in considerazione delle sue dimensioni. Anche Zannini (2001) propone per il lago di Falciano una analoga origine come visibile sul cartellone presente sul ciglio stradale di fronte al lago e come anche riportato nel volume sopra citato.
Lavori recenti (Del Prete et alii, 2004) li interpretano invece il lago come un sinkhole in analogia a tutti quelli qui in studio. Per quanto riguarda la depressione de La Valla essa è solo nominata nel lavoro di Scherillo (1965). La forma che sul 100000 è chiamata così, corrisponde sul 25000 IGM alla Fossa Annunziata

GEOLOGIA DELL’AREA

Dallo studio della carta geologica in scala 1:100.000 emerge che il lago di Falciano si trova in gran parte su depositi di origine vulcanica: nella zona ad est e in quella a nord infatti affiora l’Ignimbrite Campana mentre nel settore meridionale affiorano delle sabbie e limi grigi e giallastri, stratificati, incoerenti. Sulla carta sono segnate anche due sorgenti ad est e ovest del lago di Falciano che però oggi non si ritrovano più. Anche le depressioni di La Valla e Fossa Annunziata appaiono interamente impostate sull’Ignimbrite Campana.

ANALISI DI CAMPAGNA

In situ quello che è stato osservato, relativamente al lago di Falciano, è uno specchio d’acqua abbastanza grande ricco di vegetazione, con una forma irregolare dovuta al “delta” prodotto dall’immissario e che ha rimpicciolito la superficie originaria del lago.
La profondità massima, misurata al centro, è di 6,5 m, mentre lungo i bordi si hanno pareti subverticali che portano il fondo subito a 3,5 m (Fonte APAT- Progetto Sinkhole); questo conferma la freschezza del taglio nonostante l’immissario con i suoi detriti abbia colmato una parte del lago che è purtroppo soggetto ad interramento.
A poche centinaia di metri dal bordo nord-ovest del lago affiora una parete subverticale alta circa 4m di Ignimbrite Campana che si presenta come un deposito massivo, di colore grigio con all’interno abbondanti fenocristalli di sanidino (dimensioni fino a 3-4 mm) e pirosseni, pomici decimetriche e grosse scorie.



Lago di Falciano: parete subverticale di Ignimbrite Campana presente sul bordo NW lungo la stradina che costeggia il lago.


I depositi cartonatici affiorano a pochi chilometri con la dorsale del Monte Massico (foto 10) ed infatti dai dati dei pozzi dichiarati con la Legge 464/84 emerge che questi sono presenti a 62m  per  n° 30, a 74m per n° 24 e a 32m per n° 21. La Valla e la Fossa Annunziata si trovano interamente tagliate nell’Ignimbrite Campana, ma a causa dell’azione antropica sono oggi difficilmente riconoscibili; la prima ha due pareti completamente spianate e nel corso degli anni è divenuta una sorta di piana, la seconda è più piccolina e presenta una forma circolare meglio conservata.


Lago di Falciano: dettaglio del deposito della foto. Il deposito appare di colore grigio, massivo, ricco in grossi cristalli di sanidino e di scorie.

Nei pressi della Fossa Annunziata abbiamo chiesto informazioni ad un residente e questi ci ha raccontato che molti anni fa, in seguito ad opere antropiche, emersero alcuni scheletri umani nelle vicinanze di un antico insediamento romano; questo può farci pensare che l’Annunziata, già esistente naturalmente, grazie alla sua forma perfettamente circolare possa aver avuto la funzione di un’arena o di un anfiteatro pertinente a tale insediamento. Inoltre, ci ha raccontato che il fondo della cavità è stato via via colmato per aumentare la superficie coltivabile; attualmente i pozzi pescano acqua a circa 12m mentre più a valle la captano a 3m. Grazie agli sbancamenti subiti da quest’area possiamo constatare uno spessore di Ignimbrite Campana superiore ai 5m.

CONSIDERAZIONI

Come già visto per le altre cavità, alcuni Autori le inseriscono nello stesso sistema genetico ossia attribuibili ad attività esplosiva connessa a quella del Roccamonfina, in relazione anche al fatto che esse sarebbero allineate lungo la direttrice del M. Massico.
Se ciò fosse vero, bisognerebbe trovare innanzitutto i prodotti di tali esplosioni o comunque del materiale frammentato disposto radialmente come detto per tutte le altre forme di dubbia genesi. Secondo poi, abbiamo appurato che il deposito piroclastico dell’IC risulta tagliato dalle cavità e questo (per il principio di intersezione) le pone più in alto nella scala temporale; ricordiamo anche che già questo deposito vulcanico (39.000 anni, De Vivo et alii, 2001) è più recente dell’ultimo attribuibile al Roccamonfina (53.000 anni, Capelli et alii, 1999).
Paolo Orosio colloca qualcosa accaduto in quest’area intorno al 276 a.C. a conferma quindi della totale estraneità dei due eventi. Del Prete et alii (2004) sostengono, per le medesime cavità una possibile genesi da sprofondamento anche se nelle conclusioni le inserisce, assieme a quelle della Media valle del Volturno, in quelle in cui i meccanismi genetici sono poco chiari.
La presenza di importanti elementi tettonici ancora attivi ha favorito la risalita di fluidi ricchi in CO2 ed H2S, come evidente dalle molte sorgenti mineralizzate presenti nell’area; tali fluidi hanno probabilmente agito sui livelli cartonatici profondi facilitandone la dissoluzione ed il possibile crollo.


Fossa Barbata, Fossa del Ballerino e Fossa della Torre


UBICAZIONE

La Fossa Barbata e la Fossa del Ballerino si trovano a pochi chilometri sia da Mondragone, a sud-ovest, che da Falciano Selice, a nord-est; a circa 2 Km a nord di esse c’è la dorsale carbonatica del Monte Massico. La Fossa Barbata ha una forma circolare con un diametro di circa 200m; dalle foto aeree si vede che la sponda N-NE è franata  ed ora c’è un terrazzo.
La fossa del Ballerino ha una forma ad otto, orientata NE-SW lunga quasi 400m; questa forma è il risultato di due strutture circolari che si compenetrano parzialmente; nella zona di contatto il bordo si trova alla stessa quota del piano campagna (43m) mentre il fondo delle fosse, pianeggiante e coltivato, è più basso di 10-14m; dalle foto aeree si nota che la cavità di NE è meno profonda.
Ad est della Fossa Barbata, secondo i rilievi da noi effettuati, ce ne un’altra che abbiamo chiamato Fossa della Torre perché adiacente alla Torre del Ballerino. La struttura è visibile anche tramite la fotointerpretazione; dallo studio delle foto aeree emerge che essa è bordata da due faglie parallele orientate NE-SW e che il lato ad est è completamente stato rimodellato dall’attività antropica.

ANALISI DELLA CARTOGRAFIA STORICA

Nella Carta dell’Istituto Topografico-Militare Italiano del 1875 con il nome di Fossa Barbata è indicata quella che oggi è invece quella del Ballerino; la forma di questa non è ancora ad “otto” sembrerebbe quindi che la parte di NE non si fosse ancora formata. Questo smonta l’ipotesi di una contemporaneità con il vulcanismo nord campano.
La Fossa Barbata, sembra che qui si chiami Fossa del Parco; la forma è più o meno come quella attuale ma il fondo della fossa è posto quattro metri più in basso rispetto a quello attuale.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

Anche quest’area, come le precedenti sono state studiate da Scherillo et alii (1965;1966) e da Gasparini (1965;1966) verso la fine degli anni sessanta ma si trovano per la fossa Barbata annotazioni ben più antiche. Secondo alcuni Autori, infatti (Scherillo et alii, 1965; Zannini, 2002), Paolo Orosio si riferisce proprio alla Barbata quando parla dell’eruzione gassosa avvenuta nel 276 a.C.. Anche P. Moderni (1887) come Scherillo et alii (1965) la considerano come una bocca vulcanica nell’ambito del Roccamonfina quindi una vera e propria bocca eruttiva. La fossa del Ballerino, come pure la Barbata, vengono infatti definite come forme risultanti dalla sola esplosione gassosa spiegandone così la mancanza di prodotti propri ed asserendo che l’unico risultato sarebbe una trapanazione ed un rimaneggiamento del “Cinerazzo” che è la fase poco coerente dell’Ignimbrite Campana (Del Prete et alii, 2004). Nel lavoro di Scherillo et alii (1966b) si menziona la stratigrafia di un pozzo ubicato sul fianco esterno meridionale della Fossa Barbata: dopo 60m di Tufo Grigio Campano, si incontra prima una lente di 2m di calcare sabbioso e poi ghiaie e sotto sabbie. Del Prete et alii (2004), pur non chiarendo i meccanismi genetici che hanno portato alle forme dell’Agro Falerno le considerano dei sinkhole il cui sprofondamento è avvenuto in più step data la presenza di più superfici terrazzate e sostiene anche, in accordo con altri Autori (Corniello & De Riso, 1986; Forti & Perna, 1986; Corniello et alii, 1999; Forti, 1991; 2002) che esiste una stretta correlazione tra la tettonica recente, le falde mineralizzate, fenomeni di ipercarsismo e collassi di sinkhole.
La presenza di una tettonica anche recente del M. Massico e tutto il sistema di faglie parallelo e ortogonale ad esso, emerso anche da indagini geofisiche (Vallario, 1966) potrebbe quindi aver avuto un ruolo nella formazione delle fosse; un lavoro di Gasparini, (1966) mostra che da analisi gravimetriche emergerebbero dei massimi collegabili a masse calde a poca profondità che avrebbero portato alla risalita di fluidi caldi mineralizzati.

GEOLOGIA DELL’AREA

Dallo studio della carta geologica ufficiale in scala 1:100.000 emerge che tutte le fosse si trovano sull’Ignimbrite Campana e quando gli Autori parlano di Cinerazzo si riferiscono ad una cinerite sanidinica incoerente che comunque rappresenta una facies associata alla I.C. Come si vede dalla Carta, sul fondo della Fossa del Ballerino ci sono le alluvioni, indizio della presenza di acqua almeno nel passato; la fossa Barbata invece negli anni sessanta diveniva periodicamente un laghetto. Ciò è visibile sia da una foto aerea del volo IGM  del 1954, sia da una foto scattata da Scherillo nel 1965.

ANALISI DI CAMPAGNA

La Fossa Barbata si trova in un terreno privato ed è stato possibile accedervi solo grazie alla gentilezza del proprietario. Questi ha raccontato che prima i pozzi dell’area pescavano acqua ad una profondità minore mentre ora il livello di falda si è abbassato e captano a 35m di profondità; considerato che il piano campagna è a 46m, si ha una quota assoluta per il livello di falda di 11m s.l.m.. Del Prete et alii (2004) riferisce per questa fossa la presenza di una falda subaffiorante a circa 29m s.l.m. negli anni sessanta che rendeva la fossa un laghetto. Da Budetta et alii (1994), emerge che la falda era a 15-20m s.l.m. a dimostrazione che il livello sta via via abbassandosi. Il proprietario del terreno, inoltre, ha confermato che le acque sono molto aggressive.


Fossa Barbata nel 1965. Da Scherillo et al, 1965.

Il fondo attuale della fossa è posto a 23m s.l.m. ed è per questo che oggi rimane costantemente asciutto. Scendendo all’interno della Fossa Barbata dal lato sud si osserva una superficie terrazzata costituita da più gradini morfologici riconducibili ad episodi franosi successivi alla formazione della fossa originaria (come verificato anche da Del Prete et alii, 2004); il diametro è quindi cresciuto successivamente.


Fossa Barbata:in primo piano il gradino morfologico, il fondo si trova più a valle.


 Parete che indica la nicchia di distacco della frana. Il materiale è quello tipico dell’Ignimbrite Campana. Foto Caramanna, 2004.

La Fossa della Torre si trova proprio di fronte alla Torre del Ballerino guardando verso nord. Attualmente si ha una forma quasi completamente obliterata dall’attività antropica; restano soltanto alcune pareti relitte della fossa.


La Fossa della Torre evidenziata dal tratteggio. La forma attuale è stata quasi completamente mascherata dall’azione antropica.


CONSIDERAZIONI

Dall’analisi di tutti i dati raccolti e dalle informazioni storiche emerge che non ci sono fattori che possano ricondurre queste fosse ad attività vulcanica o accomunabile ad essa. La presenza di acque aggressive e di livelli cartonatici a poca profondità oltre che di una tettonica profonda che ha permesso la risalita di tali acque, ci porta a ritenere probabile che tali forme siano il risultato di una serie di sprofondamenti.


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FONTE: La presente pubblicazione in uno alle foto e grafici allegati è parte integrante di un più ampio lavoro scientifico dal titolo: Riconoscimento e classificazione di alcune depressioni di origine incerta nell’area vulcanica di Roccamonfina, a cura della dr.ssa Laura Ambu, con la collaborazione della dr.ssa Stefania Nisio e del dr. Giorgio Caramanna.