La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

domenica 7 luglio 2013

Valogno di Sessa Aurunca: il Borgo dei murales

Valogno di Sessa Aurunca





Valogno, un antico borgo, un piccolo paese alle pendici del vulcano spento di Roccamonfina, territorio di Sessa Aurunca, in quella provincia che una volta si chiamava Terra di Lavoro; un paesello, segnato dal tempo,  a misura d’uomo con circa 150 abitanti, su un saliscendi di bellezze naturali, ulivi e querce secolari, poi castagneti, intervallati da ginestre che con il giallo della loro fioritura rompono la quasi monotonia del verde; un piccolo borgo dove passato e presente convivono senza fratture. Non ci sono grandi chiese, oltre alla parrocchiale intitolata a san Michele arcangelo, abbiamo notato una cappella dedicata a sant’Antonio ed un’altra a san Giuseppe, né monumenti famosi, ma il borgo si è trasformato in un museo d’arte pittorica all’aperto da quando belle pitture murali, realizzate da diversi artisti, ma in maggioranza dal maestro Salvo Caramagno, hanno rivestito le facciate delle case e sono rimaste a segnare il tempo, offrendosi agli sguardi attenti o distratti dei visitatori.
E’ stata una simpatica sorpresa scoprirlo, salendo verso Roccamonfina dal lato di Cascano.
Un modo, quello dei murales,  per portare nuova linfa e vita ai piccoli borghi dell’entroterra e farli scoprire dal turismo.
Valogno: un borgo che racconta se stesso con storie di briganti, magie, storia risorgimentale, antichi mestieri.


Valogno di Sessa Aurunca: i murales 


Valogno di Sessa Aurunca: i murales 


Valogno di Sessa Aurunca: i murales 

Valogno di Sessa Aurunca: i murales 

Valogno di Sessa Aurunca: i murales 

Valogno di Sessa Aurunca: i murales 

Valogno di Sessa Aurunca: i murales
Valogno di Sessa Aurunca: i murales 

mercoledì 26 giugno 2013

Premio di giornalismo "Matilde Serao" 2013

Avrà luogo venerdì prossimo 28 giugno 2013 alle ore 18,30 la cerimonia di consegna del premio di giornalismo "Matilde Serao" per l'anno 2013 attribuito alla giornalista Barbara Stefanelli, vice direttore del "Corriere della Sera". La manifestazione si svolgerà nel salone di Palazzo Petrucci a Carinola.
Nella stessa serata sarà consegnato un Premio peciale alla carriera a Titta Fiore, giornalista de "Il Mattino" di Napoli.
Il Premio Giornalistico “Matilde Serao” fu istituito nel mese di novembre 2001 dall’Amministrazione Comunale di Carinola, su iniziativa di Antonio Corribolo, allo scopo di rendere omaggio alla vita ed alle opere di una fra le più illustri scrittrici e giornaliste di tutti i tempi e per rimarcare il legame della Serao con la città di Carinola che l’aveva accolta nella sua adolescenza. 



Nel corso degli anni il Premio "Matilde Serao" è stato attribuito a importanti firme del giornalismo radio-televisivo e della carta stampata: vogliano solo ricordare i nomi di Carmen Lasorella e Natalia Aspesi, Giovanna Botteri, Daniela Trotta, Daniela Vergara, Lucia Annunziata e nell'ultima edizione Rosaria Capacchione. 
L'evento organizzato, quest'anno, dall'Associazione Culturale "Matilde Serao" e dal Comune di Carinola ha ottenuto, oltre all'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, il Patrocinio della Regione Campania, della Provincia di Caserta, del Comune di Napoli, del Comune di Caserta e ancora dei Comuni di Sessa Aurunca, Mondragone e Falciano del Massico. 



Nel corso della cerimonia di consegna del Premio, la prof.ssa Caterina Di Iorio, docente del Liceo Artistico di Cascano, sede distaccata Casa Reclusione di Carinola, presenterà alcuni dipinti realizzati dagli studenti detenuti della Casa di reclusione di Carinola, ispirati al "Mare di Napoli" di Matilde Serao.


Dipinti realizzati da detenuti della Casa di reclusione di Carinola e
 raffiguranti "Il mare di Napoli" dall'omonimo racconto di Matilde Serao






venerdì 21 giugno 2013

Sessa Aurunca: 250° anniversario della Fondazione del Monte di San Carlo Borromeo


Prevista per il 27 e 28 giugno 2013 la cerimonia per festeggiare il 250° anniversario della Confraternita e del Monte di San Carlo Borromeo di Sessa Aurunca. Le regole del Monte di San Carlo Borromeo furono munite di regio assenso con atto di Ferdinando IV di Borbone, Re di Napoli,  in data 28 giugno 1763.





giovedì 13 giugno 2013

Carinola: l'Associazione culturale "Matilde Serao" presenta il libro di Nadia Verdile "MARIA LUISA la Duchessa Infanta"


Il ritratto inedito dell'infanta Maria Luisa di Borbone, nipote di Carlo III, sarà svelato a Carinola sabato 15 giugno 2013, alle 18, nel salone di Palazzo Petrucci, storica residenza di Filippo Petrucci segretario del re di Napoli Ferrante d’Aragona.
L'occasione ci è fornita dalla presentazione, dopo quella avvenuta a Caserta, del nuovo libro di Nadia Verdile, giornalista e scrittrice che da anni dedica i suoi studi alla storia delle donne.
L’evento è organizzato dall’Associazione culturale “Matilde Serao” di Carinola.
A presentare il libro e la figura controversa e indimenticata di Maria Luisa di Spagna, alla presenza dell'autrice, dopo i saluti del Sindaco di Carinola dott. Luigi De Risi, dell’Assessore alla cultura del comune di Carinola avv. Rosa di Mario e della Presidente dell’Associazione culturale “Matilde Serao” dott.ssa Silvana Sciaudone ed una breve introduzione di Antonio Corribolo, fondatore del Premio giornalistico “Matilde Serao”, sarà la prof.ssa Giuseppina Scognamiglio, docente di Letteratura teatrale italiana, Dipartimento Studi umanistici, Ateneo Federico II di Napoli.
Coordinatrice della serata sarà Paola Broccoli dell’Associazione Culturale “Matilde Serao”.



L’attrice Dafne Rapuano vestirà i panni di Maria Luisa, indossando un abito storico dell'Atelier "Le Muse", recitando una pièce scritta dall'autrice del libro.


"Maria Luisa, la Duchessa infanta. Da Madrid a Lucca, una Borbone sullo scacchiere di Napoleone (Maria Pacini Fazzi Editore) è frutto di un'attenta ricerca che restituisce un ritratto del tutto originale e scevro da preconcetti dell'ultima duchessa di Lucca, sorella di Maria Isabella che sposò re Francesco I delle Due Sicilie.
Una biografia ricostruita grazie a documenti e testi spesso ignorati dalla storiografia. Due gli obiettivi dell'opera: svestire dai panni misogini le fonti utilizzate e raccontare di una Borbone senza respirare i pregiudizi che su questa casata ancora insistono. Maria Luisa, nella scrittura della Verdile, non è più seduta al tavolo degli imputati; senza aggettivi, l'autrice ha ricostruito la vicenda umana e politica di una donna chiamata a gestire Stati, non più a gestire un potere e un tempo assoluti, ma una comparsa nello svolgersi della vicenda umana che attraverso le sue molteplici azioni di governo ha fatto di Firenze prima e di Lucca poi luoghi di cultura, talvolta avamposti di modernità. Poco importa se controcorrente e fiera della sua fede. Maria Luisa di Borbone, infatti, visse a cavallo di due secoli speciali. Non ebbe modo di godersi l'era del dispotismo illuminato, non potette evitare la Restaurazione. Vittima della politica vorace di Napoleone, ovunque fu mandata a governare ebbe gente contro: familiari, avversari, sudditi, politici. Eppure, nel suo progetto di governo, ovunque le capitò di esercitarlo, cercò di portare il suo contributo, tentando di costruire, di investire nella cultura, nei luoghi, nell'arte. Lo fece per sé, per il figlio Carlo Ludovico di cui fu reggente, lo fece sperando di lasciare traccia del suo passaggio. E proprio a Lucca profuse ogni suo sforzo in un progetto politico di buongoverno ispirato alla saggezza, alla clemenza e alla prosperità della cultura e delle arti. 

sabato 25 maggio 2013

E' Barbara Stefanelli, vice direttore del Corriere della Sera, la vincitrice del premio di giornalismo "Matilde Serao" 2013


E’ stato assegnato a Barbara Stefanelli il Premio giornalistico nazionale “Matilde Serao” edizione 2013. Laureata in Germanistica, dal 1992 al Corriere della Sera nella redazione Esteri, nel 2009 ne diventa vice direttore, prima donna in Italia a ricevere questo incarico. Particolarmente attenta alle problematiche femminili e ai diritti delle donne, impegnata sul fronte della lotta alla violenza e al femminicidio, è ideatrice e animatrice del blog “al femminile” la “27esima ora”.
Il Premio giornalistico nazionale “Serao”, istituito con delibera di Consiglio Comunale di Carinola nel 2001, nacque con l’intento di ricordare l’impegno, il valore, il coraggio del giornalismo di Matilde Serao nonché le sue origini carinolesi (il padre Francesco era nato nella frazione Ventaroli). La Serao visse poco a Carinola, ma vi ritornò spesso per trascorrervi brevi periodi di vacanza (la casa della sua famiglia esiste ancora nel borgo di Ventaroli), dopo essersi stabilita a Napoli e poi a Roma. Prima donna a dirigere un quotidiano, scrittrice di talento, con il marito Eduardo Scarfoglio, fondò il quotidiano Il Mattino.

Il premio, realizzato fin dalla prima edizione con il patrocinio de Il Mattino, vuole sottolineare il valore della professione giornalistica “al femminile” ed è per questo riservato esclusivamente a donne che svolgono attività giornalistica.
Nelle scorse edizioni il riconoscimento è stato assegnato a Carmen Lasorella (Raiuno), Natalia Aspesi (La Repubblica), Giovanna Botteri (Raitre), Donatella Trotta (Il Mattino), Daniela Vergara (Raidue), Lucia Annunziata (Raitre) e Rosaria Capacchione (Il Mattino).

Nelle ultime edizioni, al “Serao” è stato concesso l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed il patrocinio della Regione Campania, della Provincia e del Comune di Caserta e della Città di Napoli. Significativa anche l’adesione all’iniziativa del Gruppo Poste Italiane Spa in ricordo degli anni in cui Matilde Serao lavorò come telegrafista a Napoli.

La manifestazione della consegna del Premio avverrà il 28 giugno 2013, come di consueto, presso lo storico Palazzo Petrucci di Carinola, raro e raffinato esempio di arte catalana.
Nella stessa serata sarà consegnato il Premio speciale del “Matilde Serao” a Titta Fiore, responsabile della redazione cultura de “Il Mattino”, attenta da sempre ai fenomeni culturali e di costume e con particolare competenza nel “cinema”, tra le firme più autorevoli della testata napoletana.


Carinola, Palazzo Petrucci

Alla cerimonia, oltre alle autorità Istituzionali, sarà presente il direttore de “Il Mattino” dott. Alessandro Barbano che unitamente all'Amministrazione Comunale di Carinola, Sindaco dott. Luigi De Risi ed Assessore alla cultura avv. Rosa Di Maio, ha collaborato, nella fase preliminare ed in quella operativa connessa alla  individuazione della vincitrice, con l’Associazione Culturale “Matilde Serao”, presidente dott.ssa Silvana Sciaudone, vice presidente ing. Enrico Tuozzi ed il gruppo di lavoro del Premio composto oltre che dal direttore Antonio Corribolo, da Lidia Luberto, Paola Broccoli, Caterina Di Iorio, Vincenzo D’Ausilio, Antonietta Iannettone, Rachele Galdieri, Anna Maiorino, Maria Pia Rossi, Donato Iannotta e Salvatore Bertolino.



martedì 14 maggio 2013

La Rocca di Mondragone

Rocca di Mondragone: prospetto occidentale



A nord dell’abitato di Mondragone, sul monte Petrino (412 m. s.l.m.), estrema propaggine della catena montuosa del Massico, è ubicato l’insediamento fortificato noto come Rocca di Mondragone. Esso costituisce un nucleo insediativo fortificato di notevole interesse e di particolare rilievo per le caratteristiche di occupazione del territorio in età medievale.
Le vicende della Rocca di Mondragone sono sicuramente legate all’orografia del sito, che, ancora oggi, costituisce un punto strategico per il controllo di tutto il territorio circostante, permettendo la vista dagli antichi bagni di Sinuessa, sullo stretto passaggio dell’attuale Le Vagnole (già Casino di Transo) a tutta la piana fino a Castel Volturno dall’altro lato.
Il territorio nel quale è compresa la Rocca di Mondragone rimase nelle mani dei longobardi di Capua fino all’anno 1058, quando il Principato di Capua fu acquisito da Riccardo Conte di Aversa e mantenuto dai suoi discendenti fino agli inizi del XII secolo. Proprio a Riccardo I Conte di Aversa risale la prima e più antica documentazione scritta riguardante il sito in questione: nella Cronaca della Cava, anno 1062, viene ricordato il sito di Monte Dragone tra i suoi possessi e quelli di suo figlio Giordano.
Ecco il documento datato all’anno 1105 che riportiamo integralmente dalla Storia di Mondragone di Biagio Greco, 1927:
In nomine domini nostri Jhesuchristi. Anno ab Incarnatione eius millesimo centesimo quinto anno principatus domini Richardi gloriosi principis, mense martio. Indictione tertiadecima. Ego Landenulphus longobardus cognomine sarracenus fiulius quondam Landulfi sarracini. Sicut michi aptum et congruum et bona mea volontate. In praesentia Petri judicis et aliorum testium. Per hanc cartulam judicavi et dedi et tradidi atque optuli tibi domine Johannes dei gratia sacerdos pro parte et abbas atque custos aecclesiae sanctis Joannis qui dicitur Landepaldi, site intus in hac civitate Capuae. Et preater omnes terras meas cultas et incultas dedi et tradidi atque optuli tibi domine Joannes sacerdos pro parte et vice monasterii aecclesiae sancti Mauri siti in monte propre locum Montis Dragonis, quae esse videntur in pertinentia terre praedicti loci Montis Dragonis……. Et taliter ego praescriptus Landenulfus longobardus haec omnia prescripta in praesentia praedicti Petri judicis et aliorum testium, feci. Et te Petre clerico et notario qui interfuisti rogavi ut scriberes.

Non vi è ancora però menzione del castello, solo di un locus montis Dragonis e di un monastero aecclesiae sancti Mauri.
Notizie della Rocca di Mondragone si hanno in occasione delle devastazioni subite dagli insediamenti fortificati campani ad opera del re normanno Ruggero, incoronato re di Sicilia e di Puglia nel Natale del 1130. Nel 1134, egli prese la Rocca di Mondragone, togliendola al principe di Capua e munendola di nuove difese. Ancora nel 1135 si ha notizia di una visita di re Ruggero al castello. Dopo la morte di Ruggero (1154), si riaccesero le lotte tra i baroni da lui spodestati, per riappropriarsi dei loro possedimenti; in quell’occasione Riccardo dell’Aquila, conte di Fondi, si impossessò di Teano, di Sessa e della Rocca di Mondragone.
La Rocca viene a trovarsi, nel 1192, al centro delle contese tra le forze imperiali di Enrico VI, che erano scese alla conquista del Regno e le forze normanne di Tancredi. I fautori di Enrico VI, cui era andata in sposa Costanza d’Altavilla portando in eredità il Regno di Sicilia, erano comandati da Atenolfo Decano di Montecassino e da Diopoldo, conte di Rocca d’Arce, mentre quelli di Tancredi facevano capo a Riccardo della Cerra, ai napoletani e ai salernitani. I tedeschi capitanati da Diopoldo detto l’Alemanno saccheggiarono tutte le terre fino a Sessa e Capua ed imperversarono per tutta la Terra di Lavoro arrivando ad assediare e a conquistare la Rocca di Mondragone, il cui castellano, di nome Anneo di Rivomatricio, parteggiava per il normanno Tancredi. La vicenda è significativa per le caratteristiche di imprendibilità dell’intero complesso fortificato, difatti Diopoldo, non riuscendo a conquistare la Rocca dopo un assedio di ben due mesi, dovette ricorrere ad uno stratagemma per impadronirsene.
Nel 1211 la Rocca di Mondragone, assieme alle città di Teano e Sessa, Traetto, Sujo e Maranola, viene donata dall’Imperatore Ottone a Ruggiero, figlio di Riccardo Conte di Fondi, che le aveva acquistate nel 1195 dall’imperatore Enrico VI.
La funzione di difesa ed il ruolo di importante postazione militare dell’insediamento fortificato si conservarono anche in età sveva. L’imperatore Federico II acquisì dal conte di Fondi, nel 1221, la Rocca di Mondragone, assieme alle fortificazioni di Sessa e di Teano, nell’ambito del programma di riorganizzazione strategica delle difese del Regno. Il possesso del Monte Petrino gli garantiva il controllo della viabilità di tutta la fascia costiera, da Gaeta a Napoli. La Rocca rientrava però nell’elenco dei castelli appartenenti al regio demanio, cioè era uno dei castra exempta della Terra di Lavoro. Tra gli anni 1230 e 1245 ai provisores castrorum, ai quali era affidato il compito di ispezionare periodicamente i castelli e sovrintendere alla loro gestione, venne inoltre assegnato il compito di verificare in che condizioni versavano i castelli del Regno, fornendo indicazioni circa le necessità di ripristini o restauri delle costruzioni (Mandatum de reparacione castrorum imperialium). Alcune lettere della cancelleria federiciana relative alla manutenzione e al restauro di castelli menzionano anche la Rocca di Mondragone, sita nel distretto di Terra di Lavoro, indicando le terre circostanti che dovevano farsi carico delle spese.
Le discordie tra Federico II e il Papa, dal 1227 Gregorio IX, causarono una serie di conflitti che interessarono anche la Terra di Lavoro, ed in particolare la Rocca di Mondragone che, durante il lungo assedio posto dalle forze papaline a Sessa conclusosi con la resa della città, si era ben munita e fortificata. L’assedio alla Rocca da parte dell’esercito papalino durò a lungo e si concluse con una resa da parte delle forze di Federico, mediata tra il Legato pontificio e il castellano della Rocca, per cui questa passò all’Abbazia di Montecassino e fu affidata al governatore, fra Lionardo Cavaliere Teutonico. Ma al ritorno di Federico II in questi territori, la situazione si rivoltò a suo favore, tanto che nel 1230 la Rocca, che gli era stata sempre fedele, venne liberata dalla signoria dell’abate di Montecassino e ritornò al partito dell’imperatore, sotto la guardia del castellano Anneo di Rivomatricio.
Dopo la morte di Federico II (1250), le notizie relative alla Rocca di Mondragone sono riferibili alla prima età angioina. Nell’ambito della politica di donazioni di castelli, città, contee e possedimenti, perpetrata da Carlo I d’Angiò a favore di coloro che l’avevano appoggiato nella conquista del Regno, nell’anno 1269 la Rocca di Mondragone, per la sua valenza strategico-militare, venne concessa a Filippo, Re di Tessaglia e figlio dell’ultimo Imperatore latino di Costantinopoli, Balduino, marito a sua volta di una figlia del d’Angiò, Beatrice.
In un documento del 1278, Carlo I d’Angiò ordina al Giustiziere di Terra di Lavoro di effettuare un sopralluogo sulla Rocca per fare una stima delle spese necessarie alla sua riparazione (Pro reparatione Rocce Montis Dragonis). Numerose notizie è possibile desumere dalla lettura dei Registri Angioini. La Rocca di Mondragone compare nell’elenco delle terre tassate per le paghe delle milizie di un solo anno (1280) fornito a Re Carlo dal Giustiziere di Terra di Lavoro e Contado di Molise. Per tutto il periodo angioino il Castrum e la Terra Montis Dragonis risultano oggetto di donazioni a nobili e feudatari. Nel 1283, Re Carlo dona la Rocca al signore Goffredo di Ianvilla, milite, e tale donazione viene ricordata anche nell’anno seguente. All’anno 1284 risale anche la menzione di un notaio de Rocca Montisdraconis.
In seguito la Rocca fu concessa al nobile Sergio Siginolfo, appartenente ad una delle famiglie più in vista del Regno. Sotto la sua signoria anche la Rocca di Mondragone ebbe l’obbligo di mantenere vascelli da trasporto e da guerra. In un documento degli anni 1284-1285, Re Carlo I spedisce ordine a tutti i Conti, Baroni e Feudatari del Regno di portarsi in completo servizio militare in Calabria, per combattere la Terra di Scalea, occupata dai siculo-aragonesi. Tra questi, a Tommaso d’Aquino ordina che con i suoi uomini e vascelli di Capua, Aversa, Calvi, Rocca di Mondragone, Sessa, Traetto, Fondi, ecc. custodisca il litorale da Sperlonga fino a Pozzuoli.
Durante il regno di Carlo II d’Angiò, figlio e successore di Carlo I, la Rocca di Mondragone fu concessa ad altri feudatari. Nel 1292 era signore della Rocca Guglielmo d’Alneto, Milite e Signore anche di Tiano e di Carinola. All’anno 1296 è datato un documento in cui si invitano i feudatari di Carinola e della Rocca di Mondragone a presentarsi alla Curia regia pagando le dodici once d’oro dovute sui beni feudali che godono in provincia.
In due documenti relativi agli anni 1298 e 1299-1300, la Rocca di Mondragone risulta in possesso della famiglia dell’ammiraglio Ruggero di Lauria, che era stato già prima comandante della flotta dei Re d’Aragona, Pietro, Giacomo e Alfonso e poi passato al servizio di Carlo II d’Angiò. Nel 1303 Mariano di Loria, promette di vendere a Sergio Siginolfo la Rocca di Mondragone; promessa che venne di seguito realizzata con due atti del 1304 e del 1305, in cui si trova menzione sempre del castrum Montis Dragonis o Castrum Roccae Montis Dragonis.


Rocca di Mondragone: torrione circolare


Nel 1304 Sergio Siginolfo viene convalidato signore della Rocca di Mondragone; risulta inoltre che il Castello della Rocca di Mondragone venne iscritto nel registro della Curia angioina per un valore annuo di duecentosettanta once d’oro e che, a fronte di ciò, avrebbe dovuto fornire alla Curia stessa tredici militi alla ragione di venti once d’oro per milite, ridotti in realtà a sei militi.
Sotto il regno di Roberto d’Angiò e della nipote Giovanna I la Rocca continuò ad essere affidata in feudo a famiglie nobili, fino al 1326 ai Siginolfo, tra il 1327 e il 1373, ai del Balzo, ai d’Alneto e ai Tomacella.
Nel Codex Diplomaticus Cajetanus risultano menzionati per gli anni 1365, 1372, 1381 e 1384 sia personaggi legati alla Rocca di Mondragone, che la Rocca stessa. Lo stesso Carlo III di Durazzo, dopo la sua ascesa al trono di Napoli avvenuta nel 1382, alla morte di Giovanna I, concesse in feudo al barone Francesco Dentice, suo fedele, la Rocca di Mondragone.
Nel 1391, Ladislao, successore di Carlo III, nell’ambito della sua politica di donazioni e concessioni volta a rafforzare attorno a sè la nobiltà locale, assegnò ai signori Russo di Sannazaro e Castelluccio di Marzano il feudo sito nella Terra di Rocca Mondragone. Tale feudo rimase nella signoria dei Sannazaro fino al 1430, per poi passare nelle mani di Giovan Antonio Marzano Duca di Sessa sotto la regina Giovanna II.
Alla metà del XV secolo, durante il conflitto tra angioini e aragonesi per la conquista del Regno, la Rocca di Mondragone, che era a quel tempo una delle fortezze più importanti del Ducato di Sessa e pertanto nelle mani del duca Marino Marzano, viene assediata dalle truppe del Re Ferdinando I d’Aragona ed in seguito concessa in feudo, nel 1461, ai Carafa che la terranno fino al 1690.
Dopo questi eventi inizia l’abbandono graduale dell’insediamento, in parte già annunciato in età angioina, quando cominciano a svilupparsi alcuni nuclei abitativi alle falde meridionali del Monte Petrino, i quali daranno poi origine al primo nucleo dell’attuale centro di Mondragone.


Il testo è tratto da: 
INDAGINI PRELIMINARI SULLíINSEDIAMENTO FORTIFICATO DI MONTE PETRINO (MONDRAGONE-CE) PRIME NOTE PER LA RICOSTRUZIONE DELLE STRUTTURE INSEDIATIVE TRA TARDOANTICO E MEDIOEVO NELLA CAMPANIA SETTENTRIONALE
di LUIGI CRIMACO, FRANCESCA SOGLIANI



Rocca di Mondragone: veduta di ambiente interno



Rocca di Mondragone: ruderi della chiesa

Rocca di Mondragone: ruderi
Rocca di Mondragone: ruderi 

Rocca di Mondragone: ruderi