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Il lago di Falciano |
Agro Falerno
L’agro Falerno è quell’area che va da Mondragone a Carinola ed in
cui si trovano il lago di Falciano del Massico, le Fosse Barbata, del Ballerino
e della Torre qui studiate. Questa zona pianeggiante è bordata da rilievi
cartonatici e vulcanici ed è famosa fin dall’epoca dei Romani per la produzione
del vino.
Le aree studiate sono evidenziate nella foto.
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Parziale del fotogramma 2579 del volo Italia dell’IGM del 1954 (striscia 1 Foglio 172). Sono evidenziati il lago di Falciano (in verde), la Fossa Barbata (in rosso), la Fossa del Ballerino (in azzurro), la Fossa della Torre (tratteggio blu), la Fossa Annunziata (in arancio) e La Valla (tratteggio giallo).
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Lago di Falciano del Massico, Fossa Annunziata e La Valla
Il lago di Falciano del Massico, già lago di Carinola, si trova
nell’omonima pianura a sud dell’edificio vulcanico di Roccamonfina. Gli altri
rilievi circostanti sono la dorsale di Monte Massico a nord-nordovest e quella
di Monte Maggiore ad est.
Questo lago di circa 96.000 m2 ha oggi una forma irregolare dovuta ad opere antropiche e alla
creazione di un canale immissario (Rio Fontanelle) ed uno emissario (Rio Forma)
già dall’epoca dei Borboni. Attenendoci alla tavoletta IGM al 25000 chiamiamo
Fossa Annunziata posta più a nord la forma circolare e La Valla quella che oggi è solo una paleoforma relitta con due pareti verticali e le altre due completamente spianate
dall’attività antropica come evidente dall’analisi stereoscopica. La Fossa
Annunziata, sulla carta topografica al 100000 non compare mentre è presente La
Valla. A tale proposito ipotizziamo che i due toponimi indichino in realtà la
stessa fossa.
La fossa Annunziata sulla carta geologica al 100.000 appare come uno
specchio d’acqua mentre oggi si presenta con una forma di base ancora circolare
ma alcune pareti sono state obliterate dall’azione antropica che le ha
livellate portando l’ingresso della cavità a livello di una strada sterrata
posta alla stessa quota del fondo della cavità. Appare difficile ora
riconoscere la forma originaria visibile su carte del passato e foto aeree in
cui si constata la presenza di pareti subverticali.
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Rilievi cartonatici di Monte Massico poco lontani dal lago. La foto è orientata verso NW.
Foto di Caramanna G, 2004.
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ANALISI STORICA
L’analisi storica di quest’area è stata possibile grazie
all’esistenza di alcuni lavori di tipo archeologico condotti su questa zona.
Alcuni autori citati in questo capitolo (Scherillo et alii, 1965; Zannini,
2001), fanno infatti riferimento allo scrittore latino-cristiano Paolo Orosio
che nel 417 d.C. scriveva che nel 276 a.C. (quindi circa 600 anni prima) nella
zona di Cales (odierna Carinola) si aprì una voragine improvvisa e grandi
fiamme arsero per alcuni giorni. L’autore Ugo Zannini (2001), nel suo volume
sul Comune di Falciano del Massico, sostiene che la traduzione fedele dal testo
originale suddetto pone dubbi sull’ubicazione esatta di questo luogo: pertanto
l’evento potrebbe in realtà essere avvenuto un po’ più ad ovest dell’attuale
Lago, nella Fossa Barbata, o un po’ più a nord nella Fossa Annunziata anche
considerando le dimensioni cui il testo storico fa riferimento. L’autore cita
anche un’altra fonte per individuare la nascita del lago: nel Grande Archivio
di Napoli ci sono sei volumi dal titolo “Regii Neapolitani Archivi Monumenta”
in cui si parla di un “lago di Sancte Christine” nel territorio di Carinola nel
1105. Zannini nell’analizzare due carte storiche della Provincia di Terra di
Lavoro, una del 1613 di Cartaro e l’altra del 1616 eseguita dal Baratta e dal
Fontana ha visto che nella prima il lago non compare nonostante il dettaglio
con cui essa è stata disegnata mentre nella seconda, tematica, il lago c’è.
L’assenza di informazioni sul lago da scritti di epoca romana fa presupporre
una sua più recente formazione; infatti, questa zona già all’epoca era famosa
per i vini pregiati (Zannini, 2001).
La fonte storica più recente è la Carta topografica dell’Istituto
Topografico Militare. del 1875 che mostra sì il lago, ma con una forma diversa
e con un areale maggiore; questo indica che l’immissario attraverso
il suo carico solido lo ha parzialmente interrato. In questa carta, inoltre, il
toponimo di Santa Cristina non compare. Tale toponimo è invece presente nella
tavoletta topografica al 25.000 dell’IGM in cui è visibile una Masseria S.
Cristina a NE dell’attuale Lago.
FONTI BIBLIOGRAFICHE
Il lago in esame assieme alla Fossa Annunziata sono evidenziati anche nella figura appresso pubblicata.
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Stralcio dalla tavoletta IGM 172 III NW con ubicazione del Lago di Falciano (in verde) della Fossa Annunziata (in arancio) e di La Valla (in giallo). In rosso si evidenzia la tettonica ricostruita dalle foto aeree del volo IGM del 1954.
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Secondo Scherillo
(1965), Scherillo et alii (1966) e Gasparini (1966) il lago in esame, così come
le altre cavità vengono definiti “maaren” ossia “crateri”
di esplosione puramente gassosa in cui non si è avuta, o quasi, alcuna
emissione di prodotti, e non si ha un anello sopralevato; tale assenza pone
comunque il ricercatore in dubbio sulla reale origine del lago di Falciano
anche in considerazione delle sue dimensioni. Anche Zannini (2001) propone per il lago di Falciano una analoga origine come visibile sul
cartellone presente sul ciglio stradale di fronte al lago e come anche
riportato nel volume sopra citato.
Lavori recenti (Del Prete et alii, 2004) li interpretano invece il
lago come un sinkhole in analogia a tutti quelli qui in studio. Per quanto
riguarda la depressione de La Valla essa è solo nominata nel lavoro di
Scherillo (1965). La forma che sul 100000 è chiamata così, corrisponde sul 25000
IGM alla Fossa Annunziata
GEOLOGIA DELL’AREA
Dallo studio della carta geologica in scala 1:100.000 emerge che il lago di Falciano si trova in gran parte su depositi di origine
vulcanica: nella zona ad est e in quella a nord infatti affiora l’Ignimbrite
Campana mentre nel settore meridionale affiorano delle sabbie e limi grigi e
giallastri, stratificati, incoerenti. Sulla carta sono segnate anche due
sorgenti ad est e ovest del lago di Falciano che però oggi non si ritrovano
più. Anche le depressioni di La Valla e Fossa Annunziata appaiono interamente
impostate sull’Ignimbrite Campana.
ANALISI DI CAMPAGNA
In situ quello che è stato osservato, relativamente al lago di
Falciano, è uno specchio d’acqua abbastanza grande ricco di vegetazione, con
una forma irregolare dovuta al “delta” prodotto dall’immissario e che ha
rimpicciolito la superficie originaria del lago.
La profondità massima, misurata al centro, è di 6,5 m, mentre lungo
i bordi si hanno pareti subverticali che portano il fondo subito a 3,5 m (Fonte
APAT- Progetto Sinkhole); questo conferma la freschezza del taglio nonostante
l’immissario con i suoi detriti abbia colmato una parte del lago che è
purtroppo soggetto ad interramento.
A poche centinaia di metri dal bordo nord-ovest del lago affiora
una parete subverticale alta circa 4m di Ignimbrite Campana che si
presenta come un deposito massivo, di colore grigio con all’interno abbondanti
fenocristalli di sanidino (dimensioni fino a 3-4 mm) e pirosseni, pomici
decimetriche e grosse scorie.
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Lago di Falciano: parete subverticale di Ignimbrite Campana presente sul bordo NW lungo la stradina che costeggia il lago.
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I depositi cartonatici affiorano a pochi chilometri con la dorsale del Monte Massico (foto 10) ed infatti dai dati dei pozzi dichiarati con la Legge 464/84 emerge che questi sono presenti a 62m per n° 30, a 74m per n° 24 e a 32m per n° 21. La Valla e la Fossa Annunziata si trovano interamente tagliate nell’Ignimbrite Campana, ma a causa dell’azione antropica sono oggi difficilmente riconoscibili; la prima ha due pareti completamente spianate e nel corso degli anni è divenuta una sorta di piana, la seconda è più piccolina e presenta una forma circolare meglio conservata.
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Lago di Falciano: dettaglio del deposito della foto. Il deposito appare di colore grigio, massivo, ricco in grossi cristalli di sanidino e di scorie.
Nei pressi della
Fossa Annunziata abbiamo chiesto informazioni ad un residente e questi ci ha
raccontato che molti anni fa, in seguito ad opere antropiche, emersero alcuni
scheletri umani nelle vicinanze di un antico insediamento romano; questo può
farci pensare che l’Annunziata, già esistente naturalmente, grazie alla sua
forma perfettamente circolare possa aver avuto la funzione di un’arena o di un
anfiteatro pertinente a tale insediamento. Inoltre, ci ha raccontato che il
fondo della cavità è stato via via colmato per aumentare la superficie
coltivabile; attualmente i pozzi pescano acqua a circa 12m mentre più a valle
la captano a 3m. Grazie agli sbancamenti subiti da quest’area possiamo
constatare uno spessore di Ignimbrite Campana superiore ai 5m.
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CONSIDERAZIONI
Come già visto per le altre cavità, alcuni Autori le inseriscono
nello stesso sistema genetico ossia attribuibili ad attività esplosiva connessa
a quella del Roccamonfina, in relazione anche al fatto che esse sarebbero
allineate lungo la direttrice del M. Massico.
Se ciò fosse vero, bisognerebbe trovare innanzitutto i prodotti di
tali esplosioni o comunque del materiale frammentato disposto radialmente come
detto per tutte le altre forme di dubbia genesi. Secondo poi, abbiamo appurato
che il deposito piroclastico dell’IC risulta tagliato dalle cavità e questo
(per il principio di intersezione) le pone più in alto nella scala temporale;
ricordiamo anche che già questo deposito vulcanico (39.000 anni, De Vivo et
alii, 2001) è più recente dell’ultimo attribuibile al Roccamonfina (53.000
anni, Capelli et alii, 1999).
Paolo Orosio colloca qualcosa accaduto in quest’area intorno al
276 a.C. a conferma quindi della totale estraneità dei due eventi. Del Prete et
alii (2004) sostengono, per le medesime cavità una possibile genesi da
sprofondamento anche se nelle conclusioni le inserisce, assieme a quelle della
Media valle del Volturno, in quelle in cui i meccanismi genetici sono poco
chiari.
La presenza di importanti elementi tettonici ancora attivi ha
favorito la risalita di fluidi ricchi in CO2 ed H2S, come evidente dalle molte
sorgenti mineralizzate presenti nell’area; tali fluidi hanno probabilmente
agito sui livelli cartonatici profondi facilitandone la dissoluzione ed il
possibile crollo.
Fossa Barbata, Fossa del Ballerino e Fossa della Torre
UBICAZIONE
La Fossa Barbata e la Fossa del Ballerino si trovano a pochi
chilometri sia da Mondragone, a sud-ovest, che da Falciano Selice, a nord-est; a circa 2 Km a nord di esse c’è la dorsale carbonatica del
Monte Massico. La Fossa Barbata ha una forma circolare con
un diametro di circa 200m; dalle foto aeree si vede che la sponda N-NE è
franata ed ora c’è un terrazzo.
La fossa del Ballerino ha una forma ad otto,
orientata NE-SW lunga quasi 400m; questa forma è il risultato di due strutture
circolari che si compenetrano parzialmente; nella zona di contatto il bordo si
trova alla stessa quota del piano campagna (43m) mentre il fondo delle fosse,
pianeggiante e coltivato, è più basso di 10-14m; dalle foto aeree si nota che
la cavità di NE è meno profonda.
Ad est della Fossa Barbata, secondo i rilievi da noi effettuati,
ce ne un’altra che abbiamo chiamato Fossa della Torre perché adiacente alla
Torre del Ballerino. La struttura è visibile anche
tramite la fotointerpretazione; dallo studio delle foto aeree emerge che essa è
bordata da due faglie parallele orientate NE-SW e che il lato ad est è
completamente stato rimodellato dall’attività antropica.
ANALISI DELLA CARTOGRAFIA STORICA
Nella Carta dell’Istituto Topografico-Militare Italiano del 1875
con il nome di Fossa Barbata è indicata quella che oggi è invece quella del
Ballerino; la forma di questa non è ancora ad “otto” sembrerebbe quindi che la
parte di NE non si fosse ancora formata. Questo smonta l’ipotesi di una
contemporaneità con il vulcanismo nord campano.
La Fossa Barbata, sembra che qui si chiami Fossa del Parco; la
forma è più o meno come quella attuale ma il fondo della fossa è posto quattro
metri più in basso rispetto a quello attuale.
FONTI BIBLIOGRAFICHE
Anche quest’area, come le precedenti sono state
studiate da Scherillo et alii (1965;1966) e da Gasparini (1965;1966) verso la
fine degli anni sessanta ma si trovano per la fossa Barbata annotazioni ben più
antiche. Secondo alcuni Autori, infatti (Scherillo et alii, 1965; Zannini,
2002), Paolo Orosio si riferisce proprio alla Barbata quando parla
dell’eruzione gassosa avvenuta nel 276 a.C.. Anche P. Moderni (1887) come
Scherillo et alii (1965) la considerano come una bocca vulcanica nell’ambito
del Roccamonfina quindi una vera e propria bocca eruttiva. La fossa del
Ballerino, come pure la Barbata, vengono infatti definite come forme risultanti
dalla sola esplosione gassosa spiegandone così la mancanza di prodotti propri
ed asserendo che l’unico risultato sarebbe una trapanazione ed un
rimaneggiamento del “Cinerazzo” che è la fase poco coerente dell’Ignimbrite
Campana (Del Prete et alii, 2004). Nel lavoro di Scherillo et alii (1966b) si
menziona la stratigrafia di un pozzo ubicato sul fianco esterno meridionale
della Fossa Barbata: dopo 60m di Tufo Grigio Campano, si incontra prima una
lente di 2m di calcare sabbioso e poi ghiaie e sotto sabbie. Del Prete et alii
(2004), pur non chiarendo i meccanismi genetici che hanno portato alle forme
dell’Agro Falerno le considerano dei sinkhole il cui sprofondamento è avvenuto
in più step data la presenza di più superfici terrazzate e sostiene anche, in
accordo con altri Autori (Corniello & De Riso, 1986; Forti & Perna,
1986; Corniello et alii, 1999; Forti, 1991; 2002) che esiste una stretta
correlazione tra la tettonica recente, le falde mineralizzate, fenomeni di
ipercarsismo e collassi di sinkhole.
La presenza di una tettonica anche recente del M. Massico e tutto
il sistema di faglie parallelo e ortogonale ad esso, emerso anche da indagini
geofisiche (Vallario, 1966) potrebbe quindi aver avuto un ruolo nella
formazione delle fosse; un lavoro di Gasparini, (1966) mostra che da analisi
gravimetriche emergerebbero dei massimi collegabili a masse calde a poca
profondità che avrebbero portato alla risalita di fluidi caldi mineralizzati.
GEOLOGIA DELL’AREA
Dallo studio della carta geologica ufficiale in scala 1:100.000
emerge che tutte le fosse si trovano sull’Ignimbrite Campana e quando gli
Autori parlano di Cinerazzo si riferiscono ad una cinerite sanidinica
incoerente che comunque rappresenta una facies associata alla I.C. Come si vede
dalla Carta, sul fondo della Fossa del Ballerino ci sono le alluvioni, indizio
della presenza di acqua almeno nel passato; la fossa Barbata invece negli anni
sessanta diveniva periodicamente un laghetto. Ciò è visibile sia da una foto
aerea del volo IGM del 1954, sia da una foto scattata da Scherillo nel
1965.
ANALISI DI CAMPAGNA
La Fossa Barbata si trova in un terreno privato ed è stato
possibile accedervi solo grazie alla gentilezza del proprietario. Questi ha
raccontato che prima i pozzi dell’area pescavano acqua ad una profondità minore
mentre ora il livello di falda si è abbassato e captano a 35m di profondità;
considerato che il piano campagna è a 46m, si ha una quota assoluta per il
livello di falda di 11m s.l.m.. Del Prete et alii (2004) riferisce per questa
fossa la presenza di una falda subaffiorante a circa 29m s.l.m. negli anni
sessanta che rendeva la fossa un laghetto. Da Budetta et alii (1994),
emerge che la falda era a 15-20m s.l.m. a dimostrazione che il livello sta via
via abbassandosi. Il proprietario del terreno, inoltre, ha confermato che le
acque sono molto aggressive.
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Fossa Barbata nel 1965. Da Scherillo et al, 1965.
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Il fondo attuale della fossa è posto a 23m s.l.m. ed è per questo
che oggi rimane costantemente asciutto. Scendendo all’interno della Fossa
Barbata dal lato sud si osserva una superficie terrazzata costituita da più
gradini morfologici riconducibili ad episodi franosi successivi alla formazione
della fossa originaria (come verificato anche da Del Prete et alii, 2004); il
diametro è quindi cresciuto successivamente.
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Fossa Barbata:in primo piano il gradino morfologico, il fondo si trova più a valle.
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Parete che indica la nicchia di distacco della frana. Il materiale è quello tipico dell’Ignimbrite Campana. Foto Caramanna, 2004.
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La Fossa della Torre si trova proprio di fronte alla
Torre del Ballerino guardando verso nord. Attualmente si ha una forma quasi
completamente obliterata dall’attività antropica; restano soltanto alcune
pareti relitte della fossa.
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La Fossa della Torre evidenziata dal tratteggio. La forma attuale è stata quasi completamente mascherata dall’azione antropica.
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CONSIDERAZIONI
Dall’analisi di tutti i dati raccolti e dalle informazioni
storiche emerge che non ci sono fattori che possano ricondurre queste fosse ad
attività vulcanica o accomunabile ad essa. La presenza di acque aggressive e di
livelli cartonatici a poca profondità oltre che di una
tettonica profonda che ha permesso la risalita di tali acque, ci porta a
ritenere probabile che tali forme siano il risultato di una serie di
sprofondamenti.
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FONTE: La presente pubblicazione in uno alle foto e grafici allegati è parte integrante di un più ampio lavoro scientifico dal titolo: Riconoscimento e classificazione di alcune depressioni di origine incerta nell’area vulcanica di Roccamonfina, a cura della dr.ssa Laura Ambu, con la collaborazione della dr.ssa Stefania Nisio e del dr. Giorgio Caramanna.