Mondragone. Fagiolata al Casale di Sant'Angelo Camioncino pubblicitario in occasione della 32 edizione |
Tra i prodotti del Nuovo Mondo il fagiolo Phaseolus vulgaris fu quello che incontrò il più immediato successo in Europa perché apparentato, anche sotto il profilo morfologico, con vari legumi autoctoni: la fava e i fagioli della specie dolicus, diffusi anche in Asia e in Africa e noti ai Romani (due ricette compaiono già nella raccolta di Apicio), ma soprattutto il fagiolo dall’occhio Vigna unguiculata che si differenzia dall’americano per la macchia sul cotiledone e per il fatto di essere strisciante, anziché rampicante.
Nella dieta degli amerindiani l’apporto di vitamina PP (Pellagra prevention) dei fagioli bilanciava a perfezione la carenza del mais, mentre in Europa sono il potere saziante e l’alto valore proteico, in associazione con altri vegetali feculenti – in genere la rapa – che ne decretano il successo come piatto base delle classi subalterne (il fagiolo diviene la carne dei poveri) e, per contro, l’esclusione dai più importanti ricettari di ambiente nobiliare.
I fagioli diventano per antonomasia la pietanza dei lavoratori e dei contadini, rozzo companatico che, nel solco della tradizione della satira contro il villano, ribadisce la rozzezza del suo consumatore.
Così l’epigrafe tombale di Bertoldo il bifolco cortigiano di Giulio Cesare Croce (1606) ne suggella l’epopea terrena coi tragicomici versi:
“morì con aspri duoli / per non poter mangiar rape e fagioli”.
La foto n. 2 è stata gentilmente concessa dal sig. Antonio Tagliatatela; le altre sono di Salvatore Bertolino
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